la patria, la pace... e mio nonno
Lo scorso 4 novembre, anniversario della Vittoria, ho detto una parolaccia. Mi è scappata e non volevo…in genere non lo faccio mai… non so cosa mi sia capitato… ma l’ho detta. Pensavo di averla solo sussurrata, anzi solo di averla pensata, ma poi è salita dal cuore ed è passata dalle labbra inconsapevolmente. Me ne pento. Ho detto… “patria”, anzi credo di averla detta in maiuscolo: “Patria”; anzi ne sono proprio convinto perché mi hanno guardato male. Speravo nessuno mi sentisse, in fondo a tutti capita di dire cose senza senso, ed invece un tizio vicino a me implacabile, mi ha beccato. Mi ha sbirciato con lo sguardo obliquo da sotto gli occhialetti appannati e con quell'aria sofferta e sopportata di chi sente la missione di dover ripulire il mondo dagli imbecilli come me, mi ha rifilato un volantino di Peacelink come fosse una ricetta medica: "Tutto quello che non ci hanno detto sul quattro novembre". L'ho letto proprio come si legge la ricetta del dottore: "La festa del 4 novembre fu una ricorrenza istituita dal fascismo per trasformare le vittime di una guerra spietata e non voluta in eroi coraggiosi che si immolavano per la Patria"; ed ancora: "La prima guerra mondiale fu un affare per grandi industriali, politici corrotti, funzionari statali senza scrupoli alti ufficiali con le mani in pasta".
Rileggo queste frasi… fra le tante stupidaggini scritte in questo volantino… e penso a mio nonno Dante, classe 1898, volontario nella guerra 15-18, combattente sul Piave e cavaliere di Vittorio Veneto, la massima onorificenza di guerra. Penso a lui che partì da Jesi, insieme a due dei suoi fratelli e a decine di migliaia di altri italiani (contadini, operai, borghesi, studenti, intellettuali, artisti), per una guerra che non fu un affare ma un atto d'amore profondo. Mio nonno era repubblicano e mazziniano, fu poi antifascista, ma di quelli veri, mica di quelli che lo sono diventati a fascismo finito; uno di quelli che pagò caro la sua opposizione al regime. Lo ricordo grande e grosso (ma forse perché ero piccolo io), con una selva di capelli bianchi pettinati all’indietro. Lo ricordo burbero, dolce… e ricordo la sua delicatezza nel prendere foglie di edera secche (il simbolo del partito repubblicano) ed usarle come segnalibri. Ricordo i suoi racconti di guerra, che erano racconti di amore e pianto per gli amici scomparsi, che accompagnavano i miei pomeriggi dopo la scuola quando non c'era la playstation né cartoon network. Fino a quando una notte di estate se ne è volato via mentre dormiva, sereno e in silenzio perché la morte prende anche i nonni grandi e grossi, pure se io, che avevo 12 anni non volevo crederci e continuavo a dire a mia mamma di andare a svegliarlo. Riprendo, da una vecchia cassetta, una foto di lui in divisa da bersagliere e di suo fratello Guglielmo, con la camicia nera degli arditi; li guardo e penso a cosa direbbero loro dei pacifisti di oggi. Se si riconoscerebbero nel ruolo delle vittime strumentalizzate dal potere. Una Donna in nero ha scritto al Foglio che il 4 novembre è una "festa agghiacciante". Non detesto il desiderio di pace, che sta nel cuore di ognuno di noi; ma il pacifismo ideologico, la sua stupidità implicita, questo amore smisurato per un'umanità astratta che in fondo è solo odio per l'uomo e per la realtà. Si dovrebbero denunciare i pacifisti di "crimini contro l'umanità", perché è la loro indifferenza, il loro egoismo che ha prodotto più vittime di Stalin ed Hitler messi assieme. Perché non può esistere pace senza dignità e dignità senza libertà: e la libertà e una cosa che si conquista spesso con le armi. Mio nonno, che non era un intellettuale, lo sapeva.
E allora, offeso e incazzato dedico questo 4 novembre ormai passato, anniversario della Vittoria e delle Forze Armate italiane, agli uomini e alle donne d’Italia che hanno combattuto per il mio Paese, amando la pace, cercando la pace, desiderando la pace più della signora in nero che riempie piazze e giornali della sua stupidità. Senza distinguo, né considerazioni di sorta.
Lo dedico a mio nonno e ai suoi racconti di guerra e di amore; ai suoi compagni, ai suoi amici caduti… alla generazione di Vittorio Veneto che ci ha regalato un pezzo di libertà, colorando il Piave di rosso o scivolando da una trincea del Carso.
Lo dedico ai soldati d'Italia di tutte le guerre. Ai ragazzi di El Alamein e agli ascari libici morti al loro fianco per un paese che neanche conoscevano e sepolti ignoti tra le dune di Al Qattara. Lo dedico ai protagonisti di eroismi dimenticati; allo sconosciuto ufficiale della Brigata Ariete che tra le dune di sabbia, circondato dai carri inglesi, lanciò l'ultimo messaggio radio: "Ariete avanza!".
Lo dedico all’ultima cavalcata del tenente Guillet cantata dal suo nemico Dan Segre.
Lo dedico ai partigiani di ogni montagna e ai giovani di Salò e alla loro speranza tradita.
Lo dedico ai piccoli e grandi gesti infiniti d'amore di chi ha amato questo paese.
Lo dedico ai caduti di Nassiriya ... e a Fabrizio Quattrocchi che soldato non era.
Lo dedico anche all’odio dei pacifisti per tutto ciò in cui io credo. Alla pace, che cerco più di loro e alla mia Patria, l’Italia…che mio nonno, soldato e uomo di pace (o forse uomo di pace proprio perché soldato), mi ha insegnato ad amare.
E siccome l'Italia non è ciò che loro dipingono, ma è il sangue e l'amore di chi è caduto per essa, faccio un ultimo dono: ai nudisti incappucciati, ai falsi e agli ipocriti, alle loro colombe bianche e agli arcobaleni daltonici, regalo la follia di Marinetti: "l'Italia è una poesia armata!"... nonostante loro.
Rileggo queste frasi… fra le tante stupidaggini scritte in questo volantino… e penso a mio nonno Dante, classe 1898, volontario nella guerra 15-18, combattente sul Piave e cavaliere di Vittorio Veneto, la massima onorificenza di guerra. Penso a lui che partì da Jesi, insieme a due dei suoi fratelli e a decine di migliaia di altri italiani (contadini, operai, borghesi, studenti, intellettuali, artisti), per una guerra che non fu un affare ma un atto d'amore profondo. Mio nonno era repubblicano e mazziniano, fu poi antifascista, ma di quelli veri, mica di quelli che lo sono diventati a fascismo finito; uno di quelli che pagò caro la sua opposizione al regime. Lo ricordo grande e grosso (ma forse perché ero piccolo io), con una selva di capelli bianchi pettinati all’indietro. Lo ricordo burbero, dolce… e ricordo la sua delicatezza nel prendere foglie di edera secche (il simbolo del partito repubblicano) ed usarle come segnalibri. Ricordo i suoi racconti di guerra, che erano racconti di amore e pianto per gli amici scomparsi, che accompagnavano i miei pomeriggi dopo la scuola quando non c'era la playstation né cartoon network. Fino a quando una notte di estate se ne è volato via mentre dormiva, sereno e in silenzio perché la morte prende anche i nonni grandi e grossi, pure se io, che avevo 12 anni non volevo crederci e continuavo a dire a mia mamma di andare a svegliarlo. Riprendo, da una vecchia cassetta, una foto di lui in divisa da bersagliere e di suo fratello Guglielmo, con la camicia nera degli arditi; li guardo e penso a cosa direbbero loro dei pacifisti di oggi. Se si riconoscerebbero nel ruolo delle vittime strumentalizzate dal potere. Una Donna in nero ha scritto al Foglio che il 4 novembre è una "festa agghiacciante". Non detesto il desiderio di pace, che sta nel cuore di ognuno di noi; ma il pacifismo ideologico, la sua stupidità implicita, questo amore smisurato per un'umanità astratta che in fondo è solo odio per l'uomo e per la realtà. Si dovrebbero denunciare i pacifisti di "crimini contro l'umanità", perché è la loro indifferenza, il loro egoismo che ha prodotto più vittime di Stalin ed Hitler messi assieme. Perché non può esistere pace senza dignità e dignità senza libertà: e la libertà e una cosa che si conquista spesso con le armi. Mio nonno, che non era un intellettuale, lo sapeva.
E allora, offeso e incazzato dedico questo 4 novembre ormai passato, anniversario della Vittoria e delle Forze Armate italiane, agli uomini e alle donne d’Italia che hanno combattuto per il mio Paese, amando la pace, cercando la pace, desiderando la pace più della signora in nero che riempie piazze e giornali della sua stupidità. Senza distinguo, né considerazioni di sorta.
Lo dedico a mio nonno e ai suoi racconti di guerra e di amore; ai suoi compagni, ai suoi amici caduti… alla generazione di Vittorio Veneto che ci ha regalato un pezzo di libertà, colorando il Piave di rosso o scivolando da una trincea del Carso.
Lo dedico ai soldati d'Italia di tutte le guerre. Ai ragazzi di El Alamein e agli ascari libici morti al loro fianco per un paese che neanche conoscevano e sepolti ignoti tra le dune di Al Qattara. Lo dedico ai protagonisti di eroismi dimenticati; allo sconosciuto ufficiale della Brigata Ariete che tra le dune di sabbia, circondato dai carri inglesi, lanciò l'ultimo messaggio radio: "Ariete avanza!".
Lo dedico all’ultima cavalcata del tenente Guillet cantata dal suo nemico Dan Segre.
Lo dedico ai partigiani di ogni montagna e ai giovani di Salò e alla loro speranza tradita.
Lo dedico ai piccoli e grandi gesti infiniti d'amore di chi ha amato questo paese.
Lo dedico ai caduti di Nassiriya ... e a Fabrizio Quattrocchi che soldato non era.
Lo dedico anche all’odio dei pacifisti per tutto ciò in cui io credo. Alla pace, che cerco più di loro e alla mia Patria, l’Italia…che mio nonno, soldato e uomo di pace (o forse uomo di pace proprio perché soldato), mi ha insegnato ad amare.
E siccome l'Italia non è ciò che loro dipingono, ma è il sangue e l'amore di chi è caduto per essa, faccio un ultimo dono: ai nudisti incappucciati, ai falsi e agli ipocriti, alle loro colombe bianche e agli arcobaleni daltonici, regalo la follia di Marinetti: "l'Italia è una poesia armata!"... nonostante loro.
21 Comments:
Ma cosa ne sanno di pace sogetti incazzati col mondo, con la storia...con la loro stori? Che usano la lingua come arma affilata per trafiggere chiunque non sia sfigato come loro. Fanno tanto rumore per non sentire il vuoto che hanno dentro, ma mi auguro che il mondo non sia tutto cosi' squallido e senza speranza.
Anch'io dedico il 4 novembre a mio nonno, uno dei giovanissimi "ragazzi del '99", che ci credeva profondamente e che ho conosciuto solo grazie ai racconti di mia madre, di mio zio e grazie alle foto dei campi di battaglia che mi ha lasciato.
Quanti nostri soldati in ogni luogo e tempo avrebbero trovato meno gravoso il loro impegno se avessero letto parole come le tue. La Patria la si serve anche dimostrando gratitudine a chi si sacrifica per servirla, visto che mi è capitato di farlo per alcuni (parecchi) anni, ti ringrazio e ti aggiungo alla lista delle persone per cui è valso la pena farlo.
Ciao... grazie.
anche io h dedicato un post al 4 Novembre e ai miei due nonni, che, come il tuo, combatterono per la Patria.
Abbiamo ricordi in comune, pur non conoscendoci, crediamo nelle stesso cose, pur vivendo chissà quanto lontani l'uno dall'altro.
Però siamo entrambi italiani e patrioti, e questo basta perchè ti dica grazie per quello che hai scritto.
C'è una stele ai caduti in un paese vicino al mio che dice più o meno così: "Dal sangue di voi caduti è germogliata la nostra libertà".
Poveri di cuore sono quelli che non hanno memoria della storia.
Ti ringrazio perchè il tuo post ha risvegliato in me un sacco di bei ricordi.
(Bellissimo il commento di OTI)
Valeforn
Ma chi sono i pacifisti? per caso quelli che alle manifestazioni urlano 10, 100, 1000 Nassirya?
Quelli con le spranghe che incendiano i bancomat? Quelli che se non la pensi come loro sei un fascista che merita di morire?
Quelli che bruciano le bandiere Usa?
Io non sono pacifista e mi associo al tuo post.
Condivido e sottoscrivo.
mi hai fatto tornare in mente mio nonno che non ho conosciuto perchè morto prima che nascessi ma che era vivo nei ricordi di mio padre.
Uomini veri, non pagliacci avvolti in stracci multicolor.
Un consiglio:
Leggiti le memorie di qualcuno di quelli che l'hanno vissuta, magari in modo diverso da tuo nonno. Leggiti "un anno sull'altopiano" di Lussu. E poi capirai che il valore e il coraggio furono accompagnati e sfruttati dall'ambizione cieca dei generali arrivisti e dal deiderio di guadagno di capitalisti imboscati.
Il nano
ilnanorosso.splinder.com
caro nanorosso, grazie per il consiglio, lo faro'. Io consigli non te li do'... e quindi non ti diro' di leggerti, chesso', "Tempeste d'acciaio" di Ernst Junger. Di cattivi maestri in giro ce ne sono gia' tanti. Invece ti faccio una domanda; dove sono il generale attivista e l'anticapitalista imboscato che hanno dato un estintore in mano ad un ragazzo dicendogli che per aiutare i poveri del Terzo Mondo bisognava aprire la testa ad un carabiniere? Il valore, il coraggio e l'amore sono spesso sfruttati... e'sempre stato cosi'; ma l'idea che la liberta', condizione essenziale di una pace vera, si debba spesso conquistare con le armi e non con un girotondo arcobaleno, questo dovrebbe essere patrimonio anche della tua storia... o no?
A presto
martin venator
Non capita spesso su internet di leggere pagine come quella che hai scritto tu...
Vale la pena di conoscerti meglio!
Sembri veramente una persona interessante. Ti leggerò meglio.
Eraclito: "la guerra è la madre di tutte le cose".
Purtroppo.
Martin, una orazione per il tuo nonno e per Fabrizio Quattrocchi: "Adesso vi faccio vedere come muore un italiano".
Come diciamo in la Spagna, con due coglioni!
Forza Italia!
Diciamo che fa anche parte della mia storia.
Infatti non sono fra quelli che si definiscono pacifisti ad oltranza.
Sono convinto che esistano guerre giuste e guerre sbagliate.
Chi fu mandato a combattere in Russia nell'ARMIR combatteva una guerra sbagliata.
Chi pochi mesi dopo salì sui monti a combattere i nazifascisti combatteva una guerra giusta.
Il che non vuol dire che tutti i primi fossero delinquenti e tutti i secondi santi.
La cosa importante sarebbe riuscire a capire quali sono guerre sbagliate mascherate da guerre giuste.
Ultimamente ne ho visto molti esempi.
P.S. ricordo il tuo nick dai tempi di ciao.com
Il nano
ilnanorosso.splinder.com
Un chiarimento:
Io non sono fra coloro che giudicano negativamente la festa del 4 novembre.
Il nano
ilnanorosso.splinder.com
Ogni giorno mi guardo allo specchio e mi chiedo il perchè dei mille sacrifici che compio per rimanere fedele ad un impegno antico. Fatica, sudore, delusioni, rabbia, impotenza, che quotidianamente si buttano dietro le spalle per gurdare avanti e continuare. Oggi è uno di quei giorni terribili dove la voglia di mandare tutto all'aria è forte. E invece questo blog, la profondità di questi pensieri ed il ripensare ad estremi sacrifici molto più grandi del mio, sono la linfa che, ancora una volta, spinge ad andare avanti. Per l'Italia.
Grazie a te, a tuo nonno, a tutti coloro che si donano e a tutti quelli che non si arrendono mai.
conosco quell'impegno antico... vincola molti di noi...
ed alcuni di noi ne sono stati vincolati fino alla fine...penso a Mak, penso a Poldo...
...grazie a te Manu... e quando non ce la fai ricordati: alza lo sguardo a scrutare l'aquila e tendi l'orecchio ad ascoltare il flauto...
"Collaudo il grido Guerra sola igiene del mondo lanciato dai futuristi trentatré anni fa nei teatri gremiti di pacifisti socialcomunisti e democratici d'origine straniera per affermare l'intelligenza civilizzatrice della guerra..." (F.T.Marinetti, 1942).
Grazie per il post sulla patria, viva l'Italia sempre.
Notavo che il 5 novembre abbiamo scritto entrambi della "Poesia armata" di Marinetti: (http://www.parolibero.splinder.com/post/6204444)...ti ho linkato, ciao.
Ciao giggimassi..l'ho notato e la cosa è assai curiosa. Rovistando tra gli scaffali polverosi di una libreria antiquaria di Roma avevo trovato quel discorso del '42 di Marinetti... e l'immagine mi aveva affascinato. Curiosità anche perché nulla avviene per caso... complimenti per il tuo blog futurista... ci tornerò di sicuro...:-)...
Da un cattolico che ritiene il pacifismo un'idiozia e la Pace una cosa seria........Grazie
Quello che mi fa più male non è vedere i comunisti che girano con la bandiera arcobaleno(da quelli mi aspetto di tutto), ma vedere tanti cattolici con la stessa bandiera quando la nostra bandiera è da duemila anni il Crocifisso
Il Templare
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