eclissi di LULA... tra gatti stonati e rospi barbuti
Leggere Gianni Minà è già di per sé divertente; sembra un fumetto del giornalismo a metà strada tra Toquinho, Enzo Biagi e il gatto Isidoro. Ma ri-leggerlo dopo mesi è un vero e proprio spasso, per la puntualità svizzera con cui vengono smentite le stronzate che scrive.
Mi capita tra le mani un vecchio articolo di Gennaio scritto da questo banaluomo baffuto sul Manifesto. Racconta, dell’incontro a Porto Alegre tra il “compagno Lula” e 60 rappresentanti di quel “mondo dell’utopia” che da anni ci scassa i cosiddetti con slogans impegnativi del tipo “un mondo migliore è possibile”. Ce lo racconta in qualità di “unico presente fuori dal protocollo”, perché, anche questi no-global trasgressivi ed eretici, in fondo in fondo un protocollo ce l’hanno.
Minà è un cronista eccezionale che lascia spazio alle emozioni ed è tagliente come il grissino della pubblicità. È un gatto stonato che scrive facendosi le fusa addosso. Ci dice che il governo di Lula “è indiscutibilmente impegnato in uno sforzo enorme di riscatto sociale del paese”. Ci fa sapere che il Forum di Porto Alegre, costruito da Lula e dal suo Partito dei Lavoratori “ha obbligato i soloni di Davos a scoprire la miseria che buona parte del mondo vive proprio per le teorie di questo soloni”. Ci lascia passaggi straordinari come questo: “Nel linguaggio di cuore scelto dal presidente brasiliano per rispondere ai dubbi di quei 60 sostenitori dell'utopia che aveva di fronte c'era tutta la malinconia di chi ha scoperto che gli equilibri politici di una coalizione progressista, dove anche le logiche del centro vanno considerate, possono costringere un ex combattente sociale come lui a trangugiare il proprio legittimo orgoglio”....letteratura allo stato puro.
Minà scriveva queste chicche quando ancora l’ascesa del “rospo barbuto” sembrava irresistibile e Lula infiammava la folla con la retorica operaista strizzando l’occhiolino al Fondo Monetario e ai mercati finanziari. Erano tempi di LULA piena e i tetti erano pieni di gatti randagi come Minà, senza patria né cultura; miagolatori di professione, nella speranza di raccattare qualcosa nel grande supermercato del qualunquismo di sinistra. Poi qualcosa si è inceppato: qualcuno ha tirato una scarpa contro i gatti stonati. Con le prime luci dell'alba è venuto fuori un paesaggio fatto di tangenti e paradisi fiscali che hanno costretto alla fuga l’intera classe dirigente "del più grande e prestigioso partito progressista dell'America latina, in polemica con la vecchia e superata sinistra continentale"… ed il povero Lula a chiedere scusa a quei poveri che aveva tradito.
Oggi che Lula e il suo partito affogano nella melma di quello che Larry Rother sul NYT ha definito "il più grande scandalo di corruzione" della storia del Brasile, qualcosa di amaro rimane anche per noi; è la solita storia che insegue la stupidità di chi dalla storia non ha imparato nulla. Perché la politica è il regno del reale e non dell'utopia... e quella utopia a cui si appella Minà è la stessa che ci ha regalato un secolo e mezzo di orrore, povertà e dittature. Lo avevano eletto eroe di due mondi… il suo… che è un paese grande quanto il mondo e il loro, quello fatto di politici ipocriti, di intellettuali randagi, di giornalisti falliti. Ora lo hanno lasciato a se stesso dietro l’ipocrisia della rivoluzione tradita.
Rimane qualcosa di amaro in questo fallimento. Simile per certi versi a tanti altri ma con un bisogno in più. I poveri del Brasile ci avevano creduto ed avevano sperato, in un paese dove la povertà è una cosa maledettamente seria e non una boiata da indagine istat, buona per far parlare un diliberto qualsiasi. Ciò che i gatti stonati di casa nostra non hanno voluto capire è che la povertà, non è una macchia di sporco sull'immacolata ideologia comunista riciclata nell'era del postmoderno. Ma è il dramma di una condizione umana vecchia quanto l'uomo e dalla quale popoli e nazioni ne possono uscire, con fatica e dolore e con enormi contraddizioni solo se abbracciano il senso della propria identità dentro le regole di un mercato libero, del rispetto della dignità della persona e di una democrazia condivisa... in Brasile... come in Iraq.
Il rospo barbuto, nessuna principessa lo ha baciato e l’eclissi di Lula sta arrivando forse inevitabile...
Mi vengono in mente le sprezzanti parole di Lula prima della sua elezione: "non voglio finire come Walesa in Polonia che era un simbolo ma non aveva niente dietro, a aprte l'anticomunismo. E difatti non se lo ricorda più nessuno". Io che sono solo un povero anarca, Walesa me lo ricordo… e bene: eroe di libertà e di pace e perciò anticomunista. Invece di Lula e dei suoi compagni ci ricorderemo la speranza tradita e la loro vergogna...
Mi capita tra le mani un vecchio articolo di Gennaio scritto da questo banaluomo baffuto sul Manifesto. Racconta, dell’incontro a Porto Alegre tra il “compagno Lula” e 60 rappresentanti di quel “mondo dell’utopia” che da anni ci scassa i cosiddetti con slogans impegnativi del tipo “un mondo migliore è possibile”. Ce lo racconta in qualità di “unico presente fuori dal protocollo”, perché, anche questi no-global trasgressivi ed eretici, in fondo in fondo un protocollo ce l’hanno.
Minà è un cronista eccezionale che lascia spazio alle emozioni ed è tagliente come il grissino della pubblicità. È un gatto stonato che scrive facendosi le fusa addosso. Ci dice che il governo di Lula “è indiscutibilmente impegnato in uno sforzo enorme di riscatto sociale del paese”. Ci fa sapere che il Forum di Porto Alegre, costruito da Lula e dal suo Partito dei Lavoratori “ha obbligato i soloni di Davos a scoprire la miseria che buona parte del mondo vive proprio per le teorie di questo soloni”. Ci lascia passaggi straordinari come questo: “Nel linguaggio di cuore scelto dal presidente brasiliano per rispondere ai dubbi di quei 60 sostenitori dell'utopia che aveva di fronte c'era tutta la malinconia di chi ha scoperto che gli equilibri politici di una coalizione progressista, dove anche le logiche del centro vanno considerate, possono costringere un ex combattente sociale come lui a trangugiare il proprio legittimo orgoglio”....letteratura allo stato puro.
Minà scriveva queste chicche quando ancora l’ascesa del “rospo barbuto” sembrava irresistibile e Lula infiammava la folla con la retorica operaista strizzando l’occhiolino al Fondo Monetario e ai mercati finanziari. Erano tempi di LULA piena e i tetti erano pieni di gatti randagi come Minà, senza patria né cultura; miagolatori di professione, nella speranza di raccattare qualcosa nel grande supermercato del qualunquismo di sinistra. Poi qualcosa si è inceppato: qualcuno ha tirato una scarpa contro i gatti stonati. Con le prime luci dell'alba è venuto fuori un paesaggio fatto di tangenti e paradisi fiscali che hanno costretto alla fuga l’intera classe dirigente "del più grande e prestigioso partito progressista dell'America latina, in polemica con la vecchia e superata sinistra continentale"… ed il povero Lula a chiedere scusa a quei poveri che aveva tradito.
Oggi che Lula e il suo partito affogano nella melma di quello che Larry Rother sul NYT ha definito "il più grande scandalo di corruzione" della storia del Brasile, qualcosa di amaro rimane anche per noi; è la solita storia che insegue la stupidità di chi dalla storia non ha imparato nulla. Perché la politica è il regno del reale e non dell'utopia... e quella utopia a cui si appella Minà è la stessa che ci ha regalato un secolo e mezzo di orrore, povertà e dittature. Lo avevano eletto eroe di due mondi… il suo… che è un paese grande quanto il mondo e il loro, quello fatto di politici ipocriti, di intellettuali randagi, di giornalisti falliti. Ora lo hanno lasciato a se stesso dietro l’ipocrisia della rivoluzione tradita.
Rimane qualcosa di amaro in questo fallimento. Simile per certi versi a tanti altri ma con un bisogno in più. I poveri del Brasile ci avevano creduto ed avevano sperato, in un paese dove la povertà è una cosa maledettamente seria e non una boiata da indagine istat, buona per far parlare un diliberto qualsiasi. Ciò che i gatti stonati di casa nostra non hanno voluto capire è che la povertà, non è una macchia di sporco sull'immacolata ideologia comunista riciclata nell'era del postmoderno. Ma è il dramma di una condizione umana vecchia quanto l'uomo e dalla quale popoli e nazioni ne possono uscire, con fatica e dolore e con enormi contraddizioni solo se abbracciano il senso della propria identità dentro le regole di un mercato libero, del rispetto della dignità della persona e di una democrazia condivisa... in Brasile... come in Iraq.
Il rospo barbuto, nessuna principessa lo ha baciato e l’eclissi di Lula sta arrivando forse inevitabile...
Mi vengono in mente le sprezzanti parole di Lula prima della sua elezione: "non voglio finire come Walesa in Polonia che era un simbolo ma non aveva niente dietro, a aprte l'anticomunismo. E difatti non se lo ricorda più nessuno". Io che sono solo un povero anarca, Walesa me lo ricordo… e bene: eroe di libertà e di pace e perciò anticomunista. Invece di Lula e dei suoi compagni ci ricorderemo la speranza tradita e la loro vergogna...
5 Comments:
grande. La tua e' vera letteratura. Complimenti
post stupendo. davvero.
gran bel post
watergate
Complimenti .......efficace che di più non si può
Il Templare
Non è un caso che tutte le aziende di finta energia rinnovabile siano nelle mani dei nemici dell'umanità.
Infatti le piante assorbono anidride carbonica trasformandola in carbonio, cioè in legna.
L'anidride carbonica è la principale responsabile dell'effetto serra.
Inoltre ogni pianta assorbe dall'atmosfera una gran quantità di calore per la fotosintesi clorofilliana.
Inoltre con le piante si arresta la desertificazione, e diminuisce la rifrazione del suolo arido che ricaccia calore nell'atmosfera come se fosse uno specchio contribuendo al global warming.
Infine ogni pianta è un essere vivente attorno al quale vivono tantissime altre specie. Quindi con ogni pianta aumenta l'umidità e la vita e diminuisce l'aridità e la morte.
Quindi se vuoi diventare ricco, datti alla biomassa: fra 6-7 anni il mercato richiederà enormi quantitativi di biomassa e non ci saranno più foreste tropicali da cui prenderla. Ikea e Tetrapak sono il primo ed il secondo uomo più ricco del mondo, dieci volte più ricchi di Gates e Allen, ed il loro business è biomassa. In un anno raddoppi il capitale.
In Italia ogni anno bruciano boschi per una superficie corrispondente a 20 mila campi di calcio, l'equivalente dell'energia di 15 miliardi di pannelli solari, 7 volte il fabbisogno energetico italiano.
E poi prova a riflettere. Perchè non vengono prodotti i motori magnetici o il Motore di Schietti, che con un piccolo investimento iniziale ripagabile in poche settimane sarebbero in grado di produrre energia superpulita 24 ore su 24?
Noi avvertiamo che per ogni pezzo di legno che arriverà ancora dall'Amazzonia, a freddo, col tempo ci vendicheremo ed ammazzeremo uno dei vostri pesci grossi marci puzzolenti
Abbiamo i boschi carichi, abbiamo le valli piene di boschi per farne uso razionale, perchè dobbiamo importare legno dall'Amazzonia?
Informati su Lula che ha venduto gli ultimi lembi di foresta ai trafficanti di legname per farci precipitare irreversibilmente nel global warmnig
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