28 giugno 2006

c'è una sinistra intelligente... non lasciamola sola!

"Ci sono dei comunisti italiani secondo i quali una missione militare di pace è giustificata solo dove già regna la pace, e che dunque manderebbero le nostre truppe al massimo a una sfilata a Montecarlo, possibilmente senza le Frecce Tricolori.
Ci sono dei comunisti italiani secondo i quali le migliaia di vittime delle Due Torri persero la vita a causa di un accidente della storia e non di un attacco terroristico concepito e preparato in quella vera e propria università del terrore che era diventato l'Afghanistan su cui regnavano il mullah Omar e Bin Laden. Secondo questi comunisti italiani la pace che auspicano per l'Afghanistan è quella dei talebani, finalmente lasciati liberi di comandare quando la Nato se ne sarà andata. La posizione di questa parte della sinistra è del tutto illogica, oltre che irresponsabile. Hanno condannato la guerra in Iraq in nome del multilateralismo, ma adesso vorrebbero il ritiro unilaterale dell'Italia da una missione di pace che è multilaterale come poche: su mandato dell'Onu, operata dalla Nato, con l'accordo dell'Unione Europea.
(...) Il senatore Fosco Giannini dice che, se il decreto resta quello deciso nel vertice dell'Unione, non potrebbe votarlo per "insopprimibili motivi di coscienza". Lo avverto che ho una coscienza anch'io: e se il decreto del governo favorisse in qualsiasi modo chi vuole sottomettere di nuovo alla violenza e al dominio di Al Qaeda il popolo afghano, sarei io a votare no, per insopprimibili motivi di coscienza"
sen. Antonio Polito, dichiarazione all'AGI delle ore 12:36

Insomma c'è una sinistra diversa dai Caruso e dai Diliberto... dalle spillette metallare di Bertinotti, dalle sclerate della Menapace, dai giochetti imbroglioni degli intellettuali, dalle strizzatine d'occhio ad Hamas, dalle vacanze romane pagate dal sindaco arcobaleno a Chavez. C'è una sinistra europea e riformista che con coraggio...e spesso nella più completa solitudine, porta avanti battaglie d’interesse nazionale. Con questa sinistra, al governo o all'opposizione, è necessario dialogare per continuare a dare senso al ruolo che l'Italia si è conquistata in questi anni e ricacciare nella loro idiozia i talebani del pacifismo più ipocrita.


Immagine: da coxandforkum.com

25 giugno 2006

riflessioni libere dell’Anarca sul suo primo giorno da 40enne.

Attenzione: post troppo, troppo lungo per essere vero.

L’Anarca, qualche giorno fa, ha raggiunto il suo quarantesimo anno di vita. Non che questa sia una notizia da home page di Tocque-ville… per carità… che se poi la legge la nostra cara amica Inyqua ci riappioppa un altro articolo della d.ssa lituana Kristina Hug su quell’embrione dell’Anarca e a quel punto ci tocca veramente risolvere la questione al tramonto dietro il muro del cimitero.
No, la notizia, per quanto ghiotta, ce la teniamo per noi che conosciamo l’Anarca da lungo tempo e sappiamo della sua riservatezza. Fuori dai riflettori apriamo il suo diario e cerchiamo di capire cosa gli è passato per la testa.
L’arrivo di questi 40 anni era previsto da tempo. L’Anarca li ha attesi alla stazione in realtà senza molta trepidazione; non ha chiamato la banda, né le autorità. Ci hanno pensato loro a fare casino. Sono scesi dall’ultimo vagone di un treno arrivato fin troppo in anticipo e hanno riempito il binario di allegria. l’Anarca si è un po’ vergognato come gli succede spesso quando si trova dentro situazioni che non governa e all’inizio ha fatto perfino finta di non riconoscerli; niente da fare, gli sono passati davanti uno dietro l’altro… chi gli ha stretto la mano, chi lo ha abbracciato dopo tanto tempo, chi gli ha ringhiato in cagnesco… come quell’anno là… quello che fece quella straordinaria cazzata che non si è mai perdonato e che si vergogna persino di scrivere nel suo diario. Insomma ci stavano tutti… tutti e 40, arrivati da ogni parte del tempo per la grande festa. C’era l’anno del primo fiocco bianco e del primo grembiule; l’anno dello scherzo di quel maledetto di suo fratello che gli fece prendere un colpo, l’anno del Fantic Motor inguardabile quando tutti avevano il Ciao o il Boxer blu, l’anno del Subbuteo, l’anno del pugilato con il mitico Casamonica… dell’omonima famiglia, l’anno di Caravaggio, di Marx e di Feuerbach alla maturità, l’anno della terribile culata a terra al primo lancio di brevetto, l’anno del primo scontro all’Università quando in 30 ne fecero scappare 200, l’anno della prima manganellata e quello del primo incontro con quei capelli neri che non avrebbe più lasciato. L’anno di quel 19 dicembre e l’altro 19 dicembre di 4 anni dopo; l’anno di Mak volato via dentro una luna piena in Agosto e l’anno di Poldo che lo ha raggiunto dentro un caldo vento d’Aprile. L’anno della barba lunga, … persino l’anno dell’orecchino che l’Anarca aveva praticamente nascosto nel garage della sua mente, insieme alla 2Cv rossa fiammante che gli hanno fregato sotto casa non so quale anno fa. Insomma i suoi 40 anni erano venuti proprio tutti non ne mancava nessuno; e lui, eterno distratto, ha dovuto fare un po’ di fatica perché molti non li ha nemmeno riconosciuti tanto erano cambiati.
La mattina del suo compleanno il suo splendido bimbo lo aveva buttato giù dal letto alla buon’ora e gli aveva dato un pacchetto: “Papà auguri… questo è il regalo per te!”. Dentro c’era una bellissima tuta da ginnastica e un paio di pantaloncini da footing. L’Anarca, ha dato una gomitata al suo cinismo che continuava a dormirgli affianco, lo ha svegliato e ha pensato tre cose: che la circonferenza della sua pancia dovesse aver raggiunto livelli ormai insopportabili anche per suo figlio; oppure, per questa maledetta abitudine che ha di provare a cogliere segni nelle cose del quotidiano, che forse doveva iniziare a far partire la sua rincorsa alla vita; o semplicemente che aveva chiesto lui quel regalo ma la sua arteriosclerosi incipiente gli impediva di ricordarlo.
Mentre andava in ufficio imbottigliato nel traffico veltroniano che, come la nebbia di Totò e Peppino, c’è ma non si vede, cercava una qualsiasi consolazione del fatto che i suoi amici non gli telefonavano per fargli gli auguri; non c’era nulla di cui rammaricarsi, in fondo è tutta colpa di questi maledetti decimali che inchiodano la nostra cultura ai secoli e ci costringono a pensare ogni numero 10 come fosse uno squarcio di destino. Il giovane e brillante studioso di storia vicino-orientale che ogni tanto riemerge dalla palude della sua memoria, gli ricordava che tanto è solo convenzione: se ci fossimo tenuti quel sistema sessagesimale che i nostri zii babilonesi adottavano, non ci staremmo a scassare le scatole così tanto per un 40 raggiunto.
Poi, arrivato in ufficio, dalla mazzetta dei giornali che lo aspetta ogni mattina, ha capito che quelli del Corriere della Sera sono proprio dei bastardi. Lo avevano fatto apposta, perché i poteri forti esistono e avevano costruito attorno a lui un disegno preciso per colpirlo alle spalle. Nel giorno stesso del suo 40° genetliaco avevano fatto uscire un numero del Magazine interamente dedicato a quelli come lui. In copertina Lucrezia Lante della Rovere e dentro alcuni dei più fighi 40enni d’Italia: da Stefania Prestigiacomo, al bel Marzotto, da quel fisicaccio di Alberto Tomba, all’avvocato Buongiorno… un’intera classe ’66 fatta di successi, fama, bellezza, intelligenza; e il povero Anarca che era arrivato faticosamente a 40 anni senza aver mai sposato Luca Barbareschi, senza aver mai fatto il Ministro, senza aver mai gestito le aziende di papà, senza aver mai vinto un mondiale di sci, senza aver mai difeso Andreotti … si è sentito improvvisamente inutile.
Poi come se non bastasse, ci ha pensato Aldo Cazzullo a metterci il carico sopra con quella storia della “solitudine della non-generazione che fa fatica a dire noi” e di quanto era bello il ‘68 e quanto scemi sono i 40enni di oggi che non lo hanno vissuto.
L’Anarca è sobbalzato e ha esclamato: “Il '68? Ma è proprio quello da cui noi ci siamo salvati”.

E' incredibile come quella generazione… quella del ’68, torni come un incubo ogni volta che qualcuno prova a fare i conti con il tempo e la storia. Stiamo ancora camminando tra le macerie che loro, quelli del ’68, ci hanno lasciato; macerie culturali, ideali, sociali, politiche. La disillusione dei loro fallimenti… di chi voleva portare la fantasia al potere e oggi è il Potere... quello più grigio; la disgregazione di quasi tutto quello che c'era per poi finire a Puerto Escondido, o sul lettino di qualche psicanalista; e non contenti di aver toppato tutto, analisi, idee, previsioni, scelte storiche, dopo aver massacrato sogni e vite continuano a rompere i coglioni con le loro "bustine di Minerva” o dentro i loro Premi Strega, senza un minimo di pudore o di vergogna per i danni che hanno prodotto.
La generazione del "noi" ha distrutto l'io. E noi oggi ce lo stiamo solo riconquistando. Quindi, fanculo al ’68… una volta e per tutte. E
così l'Anarca ha buttato il Corriere Magazine nel cestino, il '68 nel cesso , i '68ini nelle fogne della storia e ha deciso di cambiare vita: da lunedì s’infilerà quegli straordinari pantaloncini da footing che il piccolo Michele gli ha regalato. Ha capito che c'è ancora molta strada da fare e che, gli uomini liberi, sono quelli a cui basta veramente poco…

update: oggi l'Anarca è andato a correre con i suoi bellissimi pantaloncini nuovi; ha fatto 4,2 km in 33 minuti. Temeva peggio. Certo, ai tempi in cui si lanciava dal Chinook come "Folgore dal cielo"... di minuti ce ne metteva la metà. Non sembra avere particolari ricadute tranne l'emergere di un colore verdastro sulla cute interrotto dachiazze violacee. Attenderà la prossima notte di luna piena... ché da oggi è proprio un'altra vita!

Immagine: Dorothea Lange, The Road West, 1938, Metropolitan Museum, New York

23 giugno 2006

corsi e ricorsi... tra henry e henri...

''Le intercettazioni finite su tutti i giornali sono un fatto veramente increscioso... ma non dipende dall'autorità giudiziaria'' .
dichiarazione del PM Henry Woodcock su Sky

"Tutte quelle donne finite dentro la stufa sono un fatto veramente increscioso… ma non dipendono da me".
dichiarazione, a questo punto possibile, di Henri Landru su Sky

15 giugno 2006

il prof. veronesi e monsieur pouget...

Ho incontrato monsieur Pouget alcuni anni fa dentro un libro di Jean Guitton. Il vecchio padre lazzarista, cieco, parlava la lingua antica di una sapienza che l’Europa sta ormai perdendo: quella della verità dentro il limite delle cose… "nella dimensione del tempo, tutto è ancora oscuro. Sarà la fine a fare da arbitro". Nell’epoca in cui il fuoco è stato rubato e i Titani occupano l'orizzonte, questo senso del limite riconduce una misura dove fede e ragione s’incontrano, si scontrano ma non s’ignorano, perché "la fede non avrebbe nulla da dire laddove la ragione non chiedesse nulla".
Ho incontrato invece il prof. Veronesi qualche tempo fa, nella sala d’aspetto del mio dentista… dentro le pagine patinate di una rivista per signore. Lo scienziato, sorridente e abbronzato, parlava la lingua fluida del nuovo pensiero talebano; il pensiero del "senza limite"; il pensiero di una tecnica che si fa ethos. E ci spiegava che la legge italiana sulla fecondazione assistita "lede i diritti della persona: il diritto dei genitori di avere un figlio senza malattie e il diritto del futuro bambino ad avere una vita il più possibile sana".
Veronesi scrive nella sua rubrica patinata, per signore patinate della buona borghesia laica e patinata … pensieri assolutamente patinati.
Pouget invece non ha mai scritto nulla… ci ha parlato solo per mezzo di grandi voci profetiche del ‘900: Guitton, Henri Bergson, Mounier, Simone Weil, perché il pensiero, quando c’è, abbraccia la profondità dell’uomo e lo tiene sospeso dall’abisso del nulla.
Mentre la mia dentiera attendeva trepidante trapani e anestesie mi leggevo Veronesi, ma pensavo a Pouget. E a scapito delle certezze patinate che la mia dentiera rifiutava, concludevo "laicamente" che non esiste alcun diritto ad avere figli. Semmai esistono dei doveri verso i figli; perché il diritto ad un figlio è un diritto astratto… e ancora di più lo è il diritto a un figlio sano. Un figlio può essere un desiderio, un sogno, un progetto d’amore, una casualità… ma un diritto no. In questa follia del diritto astratto la cultura laica nasconde la sua ipocrisia schiantandosi contro il muro del nichilismo. L’idea di un figlio sano ad ogni costo sta producendo un mercato che sfrutta il corpo delle donne e degli uomini, con lo sfondo morale di un buonismo ipocrita e patinato… come le rubriche di Veronesi, come le signore di Veronesi, come i bambini da laboratorio che vorrebbe Veronesi. E credo anche che, inevitabilmente, l’eugenetica non sia un semplice incidente di percorso ma il vero “core business” di questa industria straordinariamente redditizia.
Non solo, ma anche "il diritto del futuro bambino ad una vita sana"… è un diritto astratto, soprattutto se lede il diritto alla vita (questo si, reale e concreto) di un altro futuro bambino … come la selezione genetica degli embrioni impone. Perché non si difende un astratto "diritto alla salute" soffocando il diritto alla vita degli altri.
I nuovi talebani del pensiero moderno avanzano, l’antica sapienza retrocede nella soffitta dello spirito europeo… e così tra bigiotteria etica e cianfrusaglie laiche uno rincorre il senso della libertà ed il suo limite nell’Occidente di oggi….intuendo che la libertà non è poter fare tutto ciò che la tecnica consente di fare.
Monsieur Pouget torna in mio aiuto e mi dice che "la libertà è poter diventare tutto ciò che dobbiamo essere"… insomma la libertà è una carezza del destino e questo dovrebbe valere anche per un embrione.

immagine: Gustav Klimt, Speranza I, part., 1903

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14 giugno 2006

breve risposta a cantor e davide…i due capezzini più simpatici di Tocque-ville.

Cavolo ragazzi, non reggo il vostro ritmo. Sfornate post a ripetizione… ma cosa fate nella vita? Gestite una bloggeria a orario continuato?
Io al contrario, siccome devo lavorare per campare… e non faccio il sindacalista… ho bisogno di tempo per aggiornare la discussione. Eppoi, sarà l’età, sarà la pancia, sarà la strada in salita, il caldo, ma io sto ansimando… arf arf, cerco di starvi dietro e di rispondervi a pezzi e bocconi.
Fiuuuu...allora, solo per dirvi che scrivere
un post in coppia non rende più veri e convincenti i contenuti… ma magari amplifica le castronerie.
Ovviamente la mia critica alle vostre posizioni era modestamente più sottile ed intelligente di come l'avete ridotta voi... ma non ho la pretesa di spiegarvelo. Potete rileggere il post precedente
e il dibattito sviluppatosi sui commenti per averne un’idea. Rimango convinto che su temi complessi come questi, affermare che: "un governo (che ci piaccia o meno) ha pieno diritto a fare quello che vuole"… sia una castroneria bella e buona.
Ma c’è qualcosa di peggio che scrivere ca(pe)zzate... per esempio dare delle mu(s)sate in faccia alla ragione, parlando del caso Mussi e della decisione arbitraria di questa sottospecie di ministro di ritirare la firma italiana dalla Dichiarazione etica europea. Scrive Cantor: "Davide Romano ci fa poi notare in questo post come il gesto di Fabio Mussi, giudicato troppo affrettato e non rispettoso della prassi parlamentare, non si discosti in questo contesto dal comportamento dell’ex ministro Letizia Moratti in occasione della firma da lei apposta alla dichiarazione di blocco".
In realtà Davide Romano non ci fa notare nulla. Semplicemente riporta una dichiarazione di quel fantomatico ministro di nome Fabio Mussi, senza un'analisi critica, il che può comportare gravi errori di valutazione.

La Moratti, a suo tempo, fece proprio altro rispetto a quello che ha fatto l’attuale ministro baffuto. La sottoscrizione della Dichiarazione etica europea avvenne dopo aver interpellato il Governo di cui lei faceva parte e dopo aver ricevuto parere favorevole dal Comitato nazionale di bioetica; inoltre, non si ritenne opportuno il dibattito parlamentare, poiché proprio in quei mesi il Parlamento (con maggioranza trasversale), aveva approvato la Legge 40…legge perfettamente in linea con gli intenti della Dichiarazione che l’Italia si accingeva a firmare. Al contrario Mussi, nella decisione di ritirare la firma dal blocco dei paesi europei che si oppongono alla sperimentazione sugli embrioni, non ha coinvolto il Governo di cui fa parte (come ha confermato, con non poco imbarazzo, il vicepresidente del Consiglio Rutelli durante il question time dove è stato sollevato il problema), non ha consultato il Comitato nazionale di bioetica ed avrebbe dovuto coinvolgere il Parlamento in una decisione che contrasta palesemente con la legislazione italiana attualmente in vigore.
Quindi, Mussi ha sbagliato. Quindi chi difende l’operato di Mussi sbaglia.
Siccome la campanella che suona avverte che la ricreazione per me è finita e la maestra mi richiama in aula (ho la nuova lezione di “indignazione applicata”… sapete com’è, sono ripetente) vi saluto non prima di una breve considerazione in risposta al vostro colto sottotitolo: di Valery non ricordo frasi apprezzabili riguardo l’indignazione. Ricordo però la presa di consapevolezza sul fatto che "Noi, le civiltà, ora sappiamo che siamo mortali". Ecco, penso a Mussi, alla superficialità con cui si affrontano temi complessi e vitali, penso alla deriva eugenetica dentro cui sta precipitando l’Occidente tecnocratico… penso agli scimpanzè di Zapatero e concludo che la nostra civiltà, più che mortale è morta…. anzi quasi in decomposizione.


P.S.: l'Anarca non appartiene alla loggia dei "fratelli radicali del grande Oriente tocquevillano"... ma spera ugualmente che questo post venga aggregato per almeno 1, 2 minuti sulla home page, giusto per provare a riequilibrare i 6 mesi di onnipresenza continuata di post contrari.

Update: siccome si tende a confondere la libera discussione (seppur colorata con ironia) con la faida, l'Anarca specifica che ai suoi nemici in genere riseva indifferenza... lama più gelida e affilata di un coltello. Al contrario, l'attenzione riservata a Cantor e Davide conferma il suo interesse e la sua curiosità per due dei più stimolanti blogger di Tocque-ville.

07 giugno 2006

il Ca(pe)zzone, le ca(pe)zzate e i ca(pe)zzini…

In un post molto lungo proviamo a trattenere l’indignazione.

Quando l’abbiamo sentito a Omnibus dire che il referendum sulla legge 40 non valeva…che era nullo perché non aveva raggiunto il quorum con oltre il 70% degli italiani astenuti, non gli abbiamo dato molto peso; sembrava una delle tante ca(pe)zzate cui siamo abituati in questi tempi di cattiva politica e di pessime idee. Sarà che aveva ragione l’amico di Zarathustra…che a forza di corrompere il senso della parola, alla fine si corrompe anche il pensiero. E allora, in questa crisi profonda dell’Occidente, diventano un genere letterario persino le ca(pe)zzate di Ca(pe)zzone. Anzi ormai sono un’abitudine irrinunciabile: come il caffè dopo pranzo, come la tutina blu di Prodi che il Corriere pubblica ogni giorno, come le battute sul Cavaliere anche ora che al potere ci stanno gli altri e che non fanno ridere di meno.
E così la mattina ti svegli, corri ad accendere il tuo computer, entri in Telpress e scorri le agenzie fremendo in attesa della ca(pe)zzata del giorno. Perché in fondo Ca(pe)zzone non è cattivo…è semplicemente così; come l’ultimo erede di una nobile e decaduta casata che passa il suo tempo a mirare i ritratti degli avi gloriosi, il condottiero eroico, l’ammiraglio della flotta imperiale, il cardinale, il poeta, dolendosi della sfiga che ora incombe su di lui: e tu non capisci se il patrimonio l’ha dilapidato quel puttaniere del padre, quella santa donna della madre, o è stato proprio il figlio coglione che ha investito tutto in un allevamento di castorini in Angola per poi domandarsi dove ha sbagliato. A volte ti fa tenerezza perché fuori dal guscio ovattato del bambinello viziato e presuntuoso sente il peso del passato e lo guarda dritto dentro la telecamera per provare a bucarlo… rimpiangendo l’estate a Ventotene. Ma non c’è speranza, bisogna rassegnarsi al corso del destino; una volta c’erano Spinelli, Pannunzio, Leo Valiani, Enzo Tortora. Oggi c’è Ca(pe)zzone.
Nella sequela di stronzate che il principino radicale ama dire, senza quel minimo di pudore che in genere accompagna gli uomini di buona volontà, alcune rimangono impresse, memorabili intuizioni di un genio della politica che se solo ne avesse azzeccata una… una sola, non staremmo qui a dedicargli un post. Come quando ha cercato di spiegare l’agenda Giavazzi a Paolo Cento… che non capiva bene di cosa parlasse perché quello, l’unica agenda che conosce, è Smemoranda.
O quelle frasi che, per quanto tu non sei un giacobino, non puoi esimerti dal non impiccarci l’imbecille di turno…tipo: "siamo entrati nel governo Prodi per fare le riforme liberali di cui il paese ha bisogno" … roba che Diliberto e Sansonetti ancora ridono; oppure: "L'unica buona notizia per il paese è che eleggiamo un ottimo Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Tutto il resto appare negativo"… che è più o meno quello che disse Pannella dopo l’elezione di Scalfaro.
Ecco chi mi manca… lo dico con malinconia ! Mi manca il grande vecchio; almeno una volta, nella politica italiana c’erano le "pannellate"… che coloravano il grigiore di un sistema politico ingessato… altra stoffa però, altro carisma, altra diabolica intelligenza politica.
E così tra una ca(pe)zzata e l’altra, l’annuncio che la Legge 40 si può modificare perché il referendum sarebbe nullo (causa l’alta astensione), sembrava un’aggiunta tra le tante. Certo, una digressione violenta da quella cultura radicale che in passato aveva fatto dell’astensionismo un principio di partecipazione attiva alla politica; come quando i radicali invitavano ad astenersi dal voto contro la partitocrazia per poi, dopo le elezioni, attribuirsi i voti di lista, le schede bianche, quelle nulle e quelli che non erano andati a votare… come espressione di una volontà precisa che dava però senso alla complessità delle regole democratiche. Altri tempi.
Eppure stavolta, con la sua ca(pe)zzata qualcosa è successo; bisogna dargliene atto. Un tam tam inquietante dal cuore della foresta…tamtamtamtamtamtam (il referendum è nullonullonullonullo)… una chiamata a raccolta di tutte le tribù del laicismo italico… dietro l’urlo lancinante e selvaggio di Mussi attaccato ad una liana…così goffo nel suo primo atto politico da ricordare un po’ l’americano a Roma dentro la marana… "Amerika’… facce Tarzan!"
E prima che lo stregone magro magro scendesse in campo con l'intervista al Corriere , anche i ca(pe)zzini di Tocqueville hanno raccolto la chiamata con dei post talmente bislacchi e imbarazzanti (come questo e questo) da oscurare le ca(pe)zzate del capo. Perché quando si scrivono castronerie come: "il referendum è stato annullato, nessuno ha vinto, e quindi il governo (che ci piaccia o meno) ha pieno diritto a fare quello che vuole"… uno alza le mani e si arrende, sperando che non lo mettano dentro il pentolone. Ti chiedi dove è finito uno straccio di ragionamento riformista e liberale…quando ci si dimentica che, se nessuno ha vinto, sicuramente qualcuno ha perso… quelli che volevano abrogare la legge; quando si confonde Governo con Parlamento e si trascura che la legge 40 (così come dovrebbe avvenire in un Paese civile di fronte a temi di forte coinvolgimento etico) è stata approvata da una larghissima maggioranza trasversale…e non dal colpo di mano di un Governo. E se i criteri di condotta auspicati sono quelli di zio Paperone, perché lamentarsi se questi eleggono il Presidente della Repubblica come se nominassero un segretario di sezione del Mugello.
In questa rincorsa all’alienazione, rimangono le parole di un serio ed onesto intellettuale laico che stato in prima fila nella battaglia referendaria per il Si e che oggi è in prima fila nella difesa di quel referendum in cui lui ha perso, Antonio Polito: "mi inchino a quello che i cittadini hanno voluto"… che è anche troppo… perché qui non si chiedono inchini ma solo il rispetto della volontà popolare.

Non è questo il post per parlare della legge 40, ma ci torneremo sopra vista l’aria che tira. Proveremo a ricordare, nel vuoto di memoria generale, la storia degli avvoltoi indecenti che per mesi hanno raccontato alla gente la stronzata che con le staminali embrionali si potevano curare Parkinson ed Alzheimer, ben sapendo che non si curava nulla… e che le linee di ricerca più avanzate sono quelle sulle staminali adulte (dove l'Italia peraltro è all'avanguardia)…e che dietro la retorica della libertà di ricerca ci sono interessi economici impressionanti… e che la legge sta funzionando… e che non è vero che è una legge oscurantista… e che non è vero che le nascite diminuiscono… e che questa legge (perfettibile come tutte le leggi) tutela il desiderio di maternità e paternità di chi non può avere bambini garantendo la salute della donna e difendendo principi etici che, ca(pe)zzate a parte, sono importanti...e che questa legge chiude fuori dalla porta ogni possibile deriva eugenetica... e che e che e che…. tante altre cose.
Nel frattempo ci rimane la sensazione che qualcuno non abbia ancora capito nulla su come sta cambiando la società italiana e di come quel referendum ne abbia dato segno. Ne avevamo parlato in questo vecchio post rivolto alle nostre amiche femministe (quelle colte, quelle che scrivono su Il Foglio, o che pubblicano libri di teologia, insomma quelle che riflettono oltre il fatto che l’utero è mio) ma che alla fine ci hanno disdegnato e criticato preferendo il più comodo e sempreverde anticlericalismo al pensiero complesso.
Ma queste considerazioni valgono anche per i nostri amici radicali… quelli che ragionano, non i ca(pe)zzini; quelli che, come molti altri laici, sono leggermente inquieti di come l’Occidente sta affrontando la deriva tecnocratica e che capiscono che i problemi etici non sono solo roba da preti e che i preti oggi usano argomenti piu "ragionevoli" dei talebani della scienza.
Perché forse è tempo di chiudere dentro un cassetto Ca(pe)zzone e i ca(pe)zzini e tornare a parlarsi sul serio.

01 giugno 2006

l'ultima moda: boikotta israele.

Il tizio nella foto si chiama Paul Mackney ed è il segretario del NATFHE , il più grande sindacato degli insegnanti dei college e delle università britanniche.
La storia è nota: in Italia ne hanno parlato Il Foglio e
Il Giornale. Il sindacato in questione, forte di oltre 67.000 aderenti, ha deciso il boicottaggio delle università e delle istituzioni israeliane (e dei relativi docenti e ricercatori) che non condanneranno pubblicamente le politiche di “apartheid” dello Stato ebraico nei territori palestinesi.
Inutile dire che l'iniziativa è stata salutata dai
media islamici con grande entusiasmo.
Al contrario un becero teocon come Phyllis Chesler sul
National Review non ha esitato a scrivere che l'iniziativa: "counts as a propaganda victory for intolerance nonetheless. And it appeases Islamism and bring Europe one step closer to becoming Eurabia—which endangers both America and Israel". Forse esagerando un po’ ma comunque evidenziando il problema della stupidità che questa cultura progressista produce, sopratutto quando entra nel mondo universitario e della ricerca che più di ogni altro dovrebbero essere i luoghi del confronto, dell'apertura e del dialogo.
L’idea di sottoporre gli accademici israeliani ad un test di correttezza politica, a dire il vero, non a tutti è piaciuta. The Guardian ha pubblicato diverse
lettere di docenti britannici che hanno denunciato un'operazione che, a tutti gli effetti, nega i principi su cui dovrebbe fondarsi un'università libera.
Il fatto è che quella del boicottaggio anti-israeliano è ormai una moda… e non solo europea. Non c’è organizzazione sindacale, culturale, accademica… di quelle impegnate ovviamente… che non aderisca alla campagna mondiale di boicottaggio contro Israele. L’ultima, di ieri, viene dal
Canada.

In compenso il signore della foto ci ha rassicurato circa le profonde motivazioni che lo hanno condotto a questa decisione. Intervistato dal quotidiano israeliano Haaretz ha motivato la scelta del boicottaggio sulla base del fatto che dal settembre 2000, data di inizio della seconda Intifada, sono stati uccisi più palestinesi che israeliani; che sono state colpite da proiettili 185 scuole palestinesi contro una sola israeliana e che il tasso di disoccupazione è più alto tra i palestinesi. "Di fronte a tali ingiustizie", ha affermato il limpido sindacalista, "la società civile palestinese, incluse le università, ha bisogno di sostegno e di solidarietà come mai in passato, e non rimarrò in silenzio".
Le riflessioni profonde sono inutili... rimaniamo noi senza parole. E allora, nella speranza che qualche militante di Hamas non decida di pareggiare il conto delle ingiustizie sioniste, non resta che consolarci del fatto che i sindacalisti scemi non sono una prerogativa solo italiana.