Jüngeriade… come provare a raccontare Ernst Jünger e se stessi in maniera criptica partendo da una polemica capziosa.
Questo lungo post criptico serve a scaldare i motori dopo la lunga pausa natalizia. Per i più sarà forse incomprensibile… per i meno sarà superfluo. Probabilmente hanno ragione entrambi; ma siccome il blog è mio e lo gestisco io, chi vuole lo legga chi non vuole cambi canale... c’è sempre il blog di Beppe Grillo a portata di click.
Oggetto del contendere una polemica con un tal Emanuelo Venator… che non è mio cugino… il quale ha inondato di commenti il mio post sui soldati americani. Motivo: questo blog è un blog liberale, neocon, teocon, neokant (ma la logica ha ancora un senso?)… e quindi non può essere firmato da Martin Venator l’anarca, il personaggio protagonista di Eumeswil, uno dei più suggestivi romanzi di Ernst Jünger.
Ora, premesso che io sono Martin Venator e non potrei firmarmi in altro modo, rimane il problema del perché le persone perdono il loro tempo dietro polemiche astiose, abbandonando il gusto di assaggiare ciò che è diverso evitando di mettersi un parruccone bianco e sparare inutili sentenze che distolgono da ciò che è essenziale. Iniziamo così il nuovo anno. Lo stupido Anarca prende spunto da questa inutile polemica per provare a rendere incomprensibile ciò che per Emanuelo è così limpido, chiaro, luminoso e lampante.
Provo a raccontare Ernst Jünger partendo da me, … che sono una sua creatura… inventata alla fine degli anni ’70 con il mondo in ebollizione.
Mentre leggo i commenti di Emanuelo continuo a pensare che l'intellettualismo sia una brutta cosa, soprattutto quando porta le persone a definirsi “antiamericani storici”... che a orecchio mi sembrano leggermente più ridicoli di quelli ideologici. E l’intellettualismo è proprio ciò che Jünger ha evitato nei suoi 102 anni di percorso terreno, attraversando il ‘900, assaporandone il gusto, visitandone tutti gli anfratti con curiosità da quelli poetici (in realtà ben pochi), a quelli terrificanti (di gran lunga maggiori), come uomo di azione e di pensiero.
Mettiamola così: prima che il buon Ernst m’inventasse come Martin Venator, io leggevo Jünger quando molti di quelli che scrivono commenti su di lui forse giocavano a soldatini... solo per un problema anagrafico sia chiaro non per altro. La lettura di Ernst Jünger, inizialmente in edizioni assolutamente inadeguate o quasi clandestine, ha accompagnato un’intera generazione che provava ad uscire dalla melma degli anni ’70 scoprendo una critica alla modernità che accomunava in maniera eretica autori di “destra” come Jünger, di “sinistra” come Pasolini e pensatori cattolici come Augusto Del Noce. Ricordo quando imberbe diciottenne trascinai un giovane e sconosciuto Marcello Veneziani all’università di Roma a raccontare l’utilità di avere un disordine intellettuale per essere liberi, magari leggendo proprio Jünger, Pasolini e Del Noce come antidoto ad un nichilismo che tutti e tre avevano intravisto, anche se in maniera diversa, nel destino dell’occidente.
Con alcuni pazzi fratelli di destino e di politica, anni e anni fa... forse secoli...organizzai un convegno su Ernst Jünger alla Sapienza di Roma circondata dai custodi del vapore con le loro spranghe ed i loro caschi innocenti. C'erano Alain de Benoist, Marcello Staglieno, Marino Freschi, Giano Accame, Gennaro Malgieri e molti altri a confrontarsi con un gruppetto di giovani in fermento e costringendo Antonio Gnoli ad una terza pagina di Repubblica che per la prima volta scopriva l'Operaio, il Ribelle, l'Anarca, sorprendendosi di una provocazione culturale che un manipolo creativo di fanciulletti nonconformisti aveva fatto, scuotendo le mura grigie e sorde del potere culturale e accademico.
Non solo, ma “Il bosco e la nave”, archetipo jüngeriano di assoluta attualità, accompagnò persino un’esperienza editoriale compiuta ed incompiuta nello stesso tempo, intrecciatasi con vite, amicizie e destini sfortunati.
Se qualcuno dei giudici incasellanti, collocatori di anime, si fosse preso la briga di leggere questo stupido blog in tutti i suoi post nei suoi due mesi di vita, forse capirebbe la complessità di un percorso che non è solo individuale; e questa complessità si lega a inevitabili contraddizioni… perché ogni uomo e ogni donna vivono le loro contraddizioni come spazio e limite della propria libertà.
Emanuelo, che io critico ma per il quale nutro grande simpatia, mi accusa di lavorare per il Condor, che nel romanzo di Jünger è l’allegoria di un potere assoluto, pervasivo, totalitario, dimenticando che è la stessa accusa che il povero Martin si beccò dal suo fratellino Cadmo. In realtà molti lavorano per il Condor coscientemente... molti lo fanno inconsapevolmente, e l'intellettualismo, la gabbia aperta per ficcarci dentro le idee ed il pensiero vivo e lasciarlo lì ad ammuffire, è la strategia che da sempre il Condor adotta.
Esistono percorsi che non hanno coerenza ideologica, ma sono intuizioni che attraversano la vita ed il pensiero… perché la vera difficoltà non è aprire e chiudere caselle (cosa fin troppo facile!) la vera difficoltà è distruggere le gabbie dentro le quali i piccoli condor vorrebbero rinchiudere i vissuti e le esperienze degli altri. Ripeto: il problema sono proprio quelli che hanno l’intelletto sempre in ordine, così come la propria libreria… che sanno sempre cosa leggere e soprattutto come leggere… anche quei libri che meno si adattano all’ortodossia culturale del ben letto.
La coerenza e l’incoerenza c’entrano molto poco. Per questo si può iniziare il proprio cammino culturale ed esistenziale con Aragorn, Gandalf e il portatore dell’Anello, continuare con Drieu, Brasillach e Knut Hamsun, fare un girotondo nella ciclicità di Spengler, passare per Céline ed il suo argot, strisciare verso Alain Caille legando il Mauss a D’Annunzio, ubriacarsi di Marinetti e della sua sfida alle stelle, soggiogarsi al neo paganesimo di Krisis, rileggere Pasolini dribblando i borgatari ideologici e innamorarsi della Yourcenar in tarda età solo perché Mishima amava l'Antinoo che amava Adriano nelle sue memorie... eppoi, magari approdare ai Padri della Chiesa, ritenere Ratzinger una delle più vive intelligenze del nostro tempo e pensare che Isaiah Berlin e Raymond Aron non sono proprio dei servi di qualche complotto demo-giudaico-massonico… ma voci di grande libertà che l’occidente dovrebbe ascoltare se vuole continuare ad avere un motivo per esistere.
Ed in questo labirinto di idee, dove i minotauri del “culturalmente corretto” stanno sempre lì pronti a menar fendenti, magari ti convinci pure che Il Foglio di Ferrara è una voce di grande cultura, forse l’unica in Italia, molto più jüngeriana degli squallidi ottocenteschi incasellatori di professione... arrivando alla considerazione politica, temibile e mutabile che di fronte al deserto di un’Europa puerile controfigura di se stessa, i biechi americani guerrafondai, capitalisti e blablabla, rappresentano una visione della libertà che non esiste altrove. E alla fine il povero anarca arriva a preferire il vitalismo di Bush, la capacità di comprendere il mutare della storia di Robert Kagan, la follia visionaria di Oriana Fallaci, la lucidità di André Glucksamnn… al mercantilismo pacifista di quest’Europa grassa e povera chiusa nella prigione di utopie ottocentesche i cui carcerieri non hanno divise grigie ma vivono nei salotti letterari e culturali di una intellighenzia indecente e nei lucidi specchi vanitosi di Bruxelles.
E lo stesso anarca trova più bella più vera e più commovente l’immagine del giovane soldato israeliano che piangendo sgombera i suoi fratelli coloni, o quella del soldato americano che abbraccia il bambino iracheno…di quanta ne trovi nel ghigno di Gino Strada, nello sguardo sbiadito delle varie simone, giuliane e di tutte le anime belle di destra e di sinistra che ravvivano la coscienza del nulla che avanza, leggendo complotti e interpretando la storia come se il muro di Berlino fosse ancora in piedi senza accorgersi del muro di stupidità eretto dalle loro bugie e senza avere un briciolo di pudore per le stronzate dette, scritte e fatte da 50 anni a questa parte.
I soldati di quelle foto sono percorsi vissuti dentro storie che fanno la storia, non intellettualismi arroganti dentro cui leggere il livore degli inetti.
La figura di Ernst Jünger sta innanzitutto qui… nella contraddizione di una vita spesa in cerca di tutto ciò che odorasse di libertà: la legione straniera a 18 anni, le tempeste d’acciaio della Somme, l’analisi del “der arbeiter” come condizione esistenziale dell’uomo con l’avvento del mondo della tecnica, l’adesione al nazismo e nello stesso tempo la partecipazione all’attentato contro Hitler sopra le scogliere di marmo di una denuncia coraggiosa e straordinaria dell’orrore in atto (laddove la cultura europea, democratica e antifascista, taceva o fuggiva); eppoi il passaggio al bosco… hic et nunc… l’infilarsi negli interstizi del mondo nella casbah di Eumeswil, l'inseguire la cometa di Halley una seconda volta e con essa la Pace, come condizione dello spirito e non come alienazione pacifista, coltivando il proprio giardino (che dà “una certezza maggiore di ogni sistema filosofico”) e studiando gli insetti... paradosso di un soldato che della guerra aveva fatto un segno della propria vita e di un pagano che due anni prima della sua morte, avvenuta nel 1998 a 102 anni, si convertì al cattolicesimo (lui che era di educazione protestante) dopo un lungo e tortuoso cammino.
Incoerenza, disordine… o forse amore per ciò che non si è…
Ho deciso di parlare in maniera così incomprensibile perché in tempi di critica fusionista, rimango convinto che questa città dei liberi possa diventare un esperienza viva se i percorsi, le storie, il pensiero vengono messi in circolo ad incrinare il conformismo dilagante; non è un problema di condivisione… le memorie non si condividono mai; è un problema di realismo… e di curiosità costruttiva. Il mio, di percorso, è lontano mille miglia da quello di molti con i quali in questo periodo mi sono imbattuto tra i vicoli di questa città, dopo essere stato accolto senza grosse diffidenze ma con molta curiosità; e questo è un elemento di libertà. E’ tempo di mettersi in gioco.
A Emanuelo consiglio di uscire dalla gabbia del suo ordine intellettuale, di mischiare un po’ i libri della sua impeccabile libreria e di pensare un pò di più al caos e alla stella dell’amico di Zarathustra.
Fine del post criptico. Dal prossimo si torna a parlare di cose serie.
Oggetto del contendere una polemica con un tal Emanuelo Venator… che non è mio cugino… il quale ha inondato di commenti il mio post sui soldati americani. Motivo: questo blog è un blog liberale, neocon, teocon, neokant (ma la logica ha ancora un senso?)… e quindi non può essere firmato da Martin Venator l’anarca, il personaggio protagonista di Eumeswil, uno dei più suggestivi romanzi di Ernst Jünger.
Ora, premesso che io sono Martin Venator e non potrei firmarmi in altro modo, rimane il problema del perché le persone perdono il loro tempo dietro polemiche astiose, abbandonando il gusto di assaggiare ciò che è diverso evitando di mettersi un parruccone bianco e sparare inutili sentenze che distolgono da ciò che è essenziale. Iniziamo così il nuovo anno. Lo stupido Anarca prende spunto da questa inutile polemica per provare a rendere incomprensibile ciò che per Emanuelo è così limpido, chiaro, luminoso e lampante.
Provo a raccontare Ernst Jünger partendo da me, … che sono una sua creatura… inventata alla fine degli anni ’70 con il mondo in ebollizione.
Mentre leggo i commenti di Emanuelo continuo a pensare che l'intellettualismo sia una brutta cosa, soprattutto quando porta le persone a definirsi “antiamericani storici”... che a orecchio mi sembrano leggermente più ridicoli di quelli ideologici. E l’intellettualismo è proprio ciò che Jünger ha evitato nei suoi 102 anni di percorso terreno, attraversando il ‘900, assaporandone il gusto, visitandone tutti gli anfratti con curiosità da quelli poetici (in realtà ben pochi), a quelli terrificanti (di gran lunga maggiori), come uomo di azione e di pensiero.
Mettiamola così: prima che il buon Ernst m’inventasse come Martin Venator, io leggevo Jünger quando molti di quelli che scrivono commenti su di lui forse giocavano a soldatini... solo per un problema anagrafico sia chiaro non per altro. La lettura di Ernst Jünger, inizialmente in edizioni assolutamente inadeguate o quasi clandestine, ha accompagnato un’intera generazione che provava ad uscire dalla melma degli anni ’70 scoprendo una critica alla modernità che accomunava in maniera eretica autori di “destra” come Jünger, di “sinistra” come Pasolini e pensatori cattolici come Augusto Del Noce. Ricordo quando imberbe diciottenne trascinai un giovane e sconosciuto Marcello Veneziani all’università di Roma a raccontare l’utilità di avere un disordine intellettuale per essere liberi, magari leggendo proprio Jünger, Pasolini e Del Noce come antidoto ad un nichilismo che tutti e tre avevano intravisto, anche se in maniera diversa, nel destino dell’occidente.
Con alcuni pazzi fratelli di destino e di politica, anni e anni fa... forse secoli...organizzai un convegno su Ernst Jünger alla Sapienza di Roma circondata dai custodi del vapore con le loro spranghe ed i loro caschi innocenti. C'erano Alain de Benoist, Marcello Staglieno, Marino Freschi, Giano Accame, Gennaro Malgieri e molti altri a confrontarsi con un gruppetto di giovani in fermento e costringendo Antonio Gnoli ad una terza pagina di Repubblica che per la prima volta scopriva l'Operaio, il Ribelle, l'Anarca, sorprendendosi di una provocazione culturale che un manipolo creativo di fanciulletti nonconformisti aveva fatto, scuotendo le mura grigie e sorde del potere culturale e accademico.
Non solo, ma “Il bosco e la nave”, archetipo jüngeriano di assoluta attualità, accompagnò persino un’esperienza editoriale compiuta ed incompiuta nello stesso tempo, intrecciatasi con vite, amicizie e destini sfortunati.
Se qualcuno dei giudici incasellanti, collocatori di anime, si fosse preso la briga di leggere questo stupido blog in tutti i suoi post nei suoi due mesi di vita, forse capirebbe la complessità di un percorso che non è solo individuale; e questa complessità si lega a inevitabili contraddizioni… perché ogni uomo e ogni donna vivono le loro contraddizioni come spazio e limite della propria libertà.
Emanuelo, che io critico ma per il quale nutro grande simpatia, mi accusa di lavorare per il Condor, che nel romanzo di Jünger è l’allegoria di un potere assoluto, pervasivo, totalitario, dimenticando che è la stessa accusa che il povero Martin si beccò dal suo fratellino Cadmo. In realtà molti lavorano per il Condor coscientemente... molti lo fanno inconsapevolmente, e l'intellettualismo, la gabbia aperta per ficcarci dentro le idee ed il pensiero vivo e lasciarlo lì ad ammuffire, è la strategia che da sempre il Condor adotta.
Esistono percorsi che non hanno coerenza ideologica, ma sono intuizioni che attraversano la vita ed il pensiero… perché la vera difficoltà non è aprire e chiudere caselle (cosa fin troppo facile!) la vera difficoltà è distruggere le gabbie dentro le quali i piccoli condor vorrebbero rinchiudere i vissuti e le esperienze degli altri. Ripeto: il problema sono proprio quelli che hanno l’intelletto sempre in ordine, così come la propria libreria… che sanno sempre cosa leggere e soprattutto come leggere… anche quei libri che meno si adattano all’ortodossia culturale del ben letto.
La coerenza e l’incoerenza c’entrano molto poco. Per questo si può iniziare il proprio cammino culturale ed esistenziale con Aragorn, Gandalf e il portatore dell’Anello, continuare con Drieu, Brasillach e Knut Hamsun, fare un girotondo nella ciclicità di Spengler, passare per Céline ed il suo argot, strisciare verso Alain Caille legando il Mauss a D’Annunzio, ubriacarsi di Marinetti e della sua sfida alle stelle, soggiogarsi al neo paganesimo di Krisis, rileggere Pasolini dribblando i borgatari ideologici e innamorarsi della Yourcenar in tarda età solo perché Mishima amava l'Antinoo che amava Adriano nelle sue memorie... eppoi, magari approdare ai Padri della Chiesa, ritenere Ratzinger una delle più vive intelligenze del nostro tempo e pensare che Isaiah Berlin e Raymond Aron non sono proprio dei servi di qualche complotto demo-giudaico-massonico… ma voci di grande libertà che l’occidente dovrebbe ascoltare se vuole continuare ad avere un motivo per esistere.
Ed in questo labirinto di idee, dove i minotauri del “culturalmente corretto” stanno sempre lì pronti a menar fendenti, magari ti convinci pure che Il Foglio di Ferrara è una voce di grande cultura, forse l’unica in Italia, molto più jüngeriana degli squallidi ottocenteschi incasellatori di professione... arrivando alla considerazione politica, temibile e mutabile che di fronte al deserto di un’Europa puerile controfigura di se stessa, i biechi americani guerrafondai, capitalisti e blablabla, rappresentano una visione della libertà che non esiste altrove. E alla fine il povero anarca arriva a preferire il vitalismo di Bush, la capacità di comprendere il mutare della storia di Robert Kagan, la follia visionaria di Oriana Fallaci, la lucidità di André Glucksamnn… al mercantilismo pacifista di quest’Europa grassa e povera chiusa nella prigione di utopie ottocentesche i cui carcerieri non hanno divise grigie ma vivono nei salotti letterari e culturali di una intellighenzia indecente e nei lucidi specchi vanitosi di Bruxelles.
E lo stesso anarca trova più bella più vera e più commovente l’immagine del giovane soldato israeliano che piangendo sgombera i suoi fratelli coloni, o quella del soldato americano che abbraccia il bambino iracheno…di quanta ne trovi nel ghigno di Gino Strada, nello sguardo sbiadito delle varie simone, giuliane e di tutte le anime belle di destra e di sinistra che ravvivano la coscienza del nulla che avanza, leggendo complotti e interpretando la storia come se il muro di Berlino fosse ancora in piedi senza accorgersi del muro di stupidità eretto dalle loro bugie e senza avere un briciolo di pudore per le stronzate dette, scritte e fatte da 50 anni a questa parte.
I soldati di quelle foto sono percorsi vissuti dentro storie che fanno la storia, non intellettualismi arroganti dentro cui leggere il livore degli inetti.
La figura di Ernst Jünger sta innanzitutto qui… nella contraddizione di una vita spesa in cerca di tutto ciò che odorasse di libertà: la legione straniera a 18 anni, le tempeste d’acciaio della Somme, l’analisi del “der arbeiter” come condizione esistenziale dell’uomo con l’avvento del mondo della tecnica, l’adesione al nazismo e nello stesso tempo la partecipazione all’attentato contro Hitler sopra le scogliere di marmo di una denuncia coraggiosa e straordinaria dell’orrore in atto (laddove la cultura europea, democratica e antifascista, taceva o fuggiva); eppoi il passaggio al bosco… hic et nunc… l’infilarsi negli interstizi del mondo nella casbah di Eumeswil, l'inseguire la cometa di Halley una seconda volta e con essa la Pace, come condizione dello spirito e non come alienazione pacifista, coltivando il proprio giardino (che dà “una certezza maggiore di ogni sistema filosofico”) e studiando gli insetti... paradosso di un soldato che della guerra aveva fatto un segno della propria vita e di un pagano che due anni prima della sua morte, avvenuta nel 1998 a 102 anni, si convertì al cattolicesimo (lui che era di educazione protestante) dopo un lungo e tortuoso cammino.
Incoerenza, disordine… o forse amore per ciò che non si è…
Ho deciso di parlare in maniera così incomprensibile perché in tempi di critica fusionista, rimango convinto che questa città dei liberi possa diventare un esperienza viva se i percorsi, le storie, il pensiero vengono messi in circolo ad incrinare il conformismo dilagante; non è un problema di condivisione… le memorie non si condividono mai; è un problema di realismo… e di curiosità costruttiva. Il mio, di percorso, è lontano mille miglia da quello di molti con i quali in questo periodo mi sono imbattuto tra i vicoli di questa città, dopo essere stato accolto senza grosse diffidenze ma con molta curiosità; e questo è un elemento di libertà. E’ tempo di mettersi in gioco.
A Emanuelo consiglio di uscire dalla gabbia del suo ordine intellettuale, di mischiare un po’ i libri della sua impeccabile libreria e di pensare un pò di più al caos e alla stella dell’amico di Zarathustra.
Fine del post criptico. Dal prossimo si torna a parlare di cose serie.
19 Comments:
lucido e straordinario come al solito... sempre più tuo fan..
Carlitos
Sono arrivato a metà intervento e mi sono dovuto fermare per farti un aprima critica. E mi ripeto: hai riletto il libro? In pèarticolar modo io ti ho scritto: "Va bene lavorare per il Condor, ma pure esaltarlo???", il che tratteggia tutta la filosofia dell'anarca che tu continui a non considerare. Il tuo blog non lavora con il Condor, si limita ad esaltarlo pacatamente.E come ben saprai Emanuelo non è altro che il nomignolo affibiato dal condor a te martin; sono la tua coscienza;)))
Caro Martin, hai un concetto partigiano della libertà. Siccome essa non può trovarsi là dove vorresti, là come vorresti, ne interiorizzi il modello occidentale. la tua libertà jungeriana diventa così sincretica, asservita, ideologica( per questo teo-neo con e kant!).Il tuo percoroso culturale è stato fatto da tanti, non lo metto in dubbio, ma davvero credi di essere giunto al bosco?O piuttosto è l'anarca ad essersi innamorato della sua divisa da barista?Il tuo anarca, da libero diventa imperativo categorico, parte di qualcosa.Il sincretismo non è jungeriano, o si è anarca o si è liberali. Certo, in molti casi l'anarca potrà condividere posizioni liberali, ma mai per appartenenza.Il tuo fallacianesimo rispecchia quest'appartenenza, poichè solo per fede si può ammirare ciò che è becero, infantile, totalitario.Caro Martin, non ti conosco, rispondere ad una contesa letteraria con la propria storia personale mi lascia del tutto indifferente. Gli anni 70 per me sono ormai come il manvantara evoliano, pura favola innamorata e tradita. Non ci riguardano più.L'anarca non pone verità, le ricerca. I tuoi post, al contrario, sono zeppi di verità rivelata e i tuoi discepoli felici ne sono una prova.Un saluto amichevole, e grazie per l'esercizio dialettico.
il disordine intellettuale non è sincretismo... è disordine.
Diciamo che le prime righe del tuo commento più che un'analisi sono un giudizio... spettacolo! Anche tu una contraddizione in termini... in fondo cosa stai facendo se non spacciare verità rivelate?...almeno un briciolo di curiosità per chi è altro da te... magari senza chiuderti a doppia mandata nei tuoi giudizi affrettati... cavolo 100 anni di ideologie stupide ti avranno pure insegnato qualcosa!!!
Comunque speravo che la mia coscienza leggesse meglio i miei post...non si può chiedere troppo. Domanda: ma ti è così difficile partire da te?... o per pensare devi per forza partire dagli altri?
Per quello che mi riguarda, avendo io una storia parto da quella... cioè parto da me... regola elementare che ho imparato da quella cultura della differenza che è la cultura delle donne (dimenticavo nel sincretismo di metterci il pensiero femminista... Cristina Campo, Etty Hillesum, Emily Dickinson e Luisa Muraro... e con questo abbiamo completato la seduta psicanalitica).
Mi dispiace se trovi verità rivelate nei miei post... io provo a metterci quello che penso e qualche argomento... vorrei che ci provassi anche tu... a metterci qualche argomento ovvio... ma vedo che sfuggi ogni volta... prova magari a smontare questi invece di limitarti alla mia autocoscienza.
Non capisco cosa ti irrita di più...se ciò che io scrivo... o i miei presunti discepoli che non ho perché questo blog è libero ed aperto a tutti (nei limiti delle decenza)... ognuno esprime ciò che pensa come meglio crede... è la regola di questo blog. C’è chi lo fa con semplicità, con frasi che possono infastidire i dotti e i sapienti ma che magari cercano di manifestare ciò che non si è capaci di dire in altro modo; non a tutti è dato districarsi nel proprio sacro ordine intellettuale.
Non montarti la testa... io non sto facendo una disputa letteraria con te... io sono pur sempre Martin Venator e tu solo la mia coscienza :-)))
Spesso si usano parole a sproposito senza volerlo... e non te ne do colpa ci macherebbe...ma imperativo categorico, partigiano, fallacianesimo, liberale... sono francamente forzature deliziose di cui la mia vera coscienza avrebbe fatto a meno... se solo l'avessi.
Il bosco lo sto cercando da tempo... a volte penso di averlo trovato... a volte lo perdo e mi ritrovo in un deserto trionfante... temo ancora un pò la morte (non quella fisica s'intende)... la morte delle idee e le gabbie dove critici, e inutili coscienze chiudono la loro paura di confrontarsi con l’altro da sé...
e tu... coscienza mia... invece il bosco lo hai trovato? Se si, indicami la strada... sempre se hai finito di mettere in ordine intelletto e libreria...
:-)
un abbraccio affettuoso
Ci siamo martin, ora hai scritto bene!Il bosco non bisogna trovarlo, bisogna solo raggiungerlo; cosa drammaticamente difficile.Caro Martin, se non partissi da me, non potrei costruirmi, nè capire cosa ritenere giusto, cosa sbagliato, cosa degno d'indifferenza.Vedi, questo mio disturbo parte da quel tuo post fotografico, così wilsoniano, così favolistico, così occidentalmente despotico, da far restare male, appunto, uno che si ritiene anarca, uno che ti intende se parli di disordine, da evola a kerouac, da Proudhon a Tocqueville, ma che proprio per questo non ama le minestre precotte.Se giudico perdonami, non è mia intenzione.Semplicemente volevo porre la differenza tra anarca come ponte d'approdo ad altro(liberalismo, anarchismo etc)e anarca come preciso e disordinato stile di vivere....la libreria è incasinata, quanto l'anarchia è ordine. Un saluto!
...ehm...se posso...
io sono venuto al mondo mentre E.J. t'inventava, caro Martin, tutta un'altra storia ma, mi pare, sentimenti simili. Ricordo ancora la scoperta di Der Waldang: mi toccò il cuore, mi cambiò la vita, mi cambia continuamente la vita. E poi l'Uomo (pensiero e azione), la sua sovranità. Il suo insegnamento eterno: la Libertà. La sua Grande Caccia.
Hai ragione: le memorie non si condividono (sbaglia la "destra nazionale"), e la fedeltà a un amore, talvolta, (più che criptica) è inspiegabile, addirittura imparlabile.
Andiamo avanti, anche grazie a quello che ci ha insegnato E.J.
Il tuo post secondo me è molto onesto, perché quando si è incontrato veramente E.J, non si può più raccontare E.J. senza raccontare se stessi, e non si può più raccontare se stessi senza raccontare E.J.
Ciao
Caro Anarca (quello vero),
In punta di piedi entro nel tuo post (sapendo di Junger tanto quanto gli studi mi hanno lasciato, e niente di più), e lo trovo stranamente comprensibile e pure condivisibile. Sarò grave?
Più di tutti mi sembra lineare e addirittura necessario il percorso che disegni, e in qualche modo non capisco come possa sembrare diverso (beninteso, non che tu non sia uno sporco brutto fascista autoritario, come già tempo fa qualcuno scoprì nonostante i nostri tentativi di celarlo).
Aggiungo quindi un'ultima beatitutine al mio odierno post: e beati i totalitari, perché da essi germina il seme della libertà.
Buon 2006
CJ
Caro Martin, fai attenzione che il disordine non offuschi i tuoi discepoli, insegna loro a beatificare il paradosso, non il controsenso...
sturm und drang! dedicato a tutti quelli che con un kaos dentro di se hanno letto, interpretato e soprattutto vissuto come E.J.!Buon Anno!
Beh il giudizio mi lusinga... che la mia coscienza mi dica che ho scritto bene mi fa guadagnare punti per la prossima seduta psicanaltica. Il partire da sé...caro Emanuelo... è un'altra cosa. Significa provare sempre ad arrivare agli altri... su questo devi ancora un pò allenarti.
Uno che parte da sè non direbbe mai ad un altro "hai un concetto partigiano della libertà"... magari ti direbbe “sei uno stronzo!” … questa e una frase da Flores d'Arcais più che da Anarca.
Mi rassicura anche che la tua libreria sia incasinata... hai smesso di metterla in ordine e me ne compiaccio.
Il mio post fotografico era... bellissimo... in realtà a te ciò che ha infastidito sono stati i commenti ma ti ho già spiegato il loro senso e la chiave per leggerli.
A Paolo:... abbiamo già avuto modo di far incontrare i nostri "simili sentimenti"... un saluto a te con la speranza di farli incontrare di nuovo.
A CJ: bentrovata a te e ai tuoi paradossi che Emanuelo confonde con il contrsenso e non capirà mai perché ha troppo paura degli altri oltre che di se stesso. L'unica cosa che mi dispiace è che mi conosci poco: quel "brutto fascista autoritario" già lo sai... mi ferisce... io non sono brutto.
Cmq siccome la piazza si sta riempendo di jungeriani eclettici, invito Emanuelo ad aprire un suo blog...per provare a partire da sè mettendo in gioco il suo pensiero senza giocare di rimessa su quello degli altri... magari ci facciamo pure un aggregatore ad hoc...Junger-ville... sai le risate.
naa, niente blog, lo fanno tutti, internet facilita, ma spersonalizza.Le nostre in un altro ambito, sarebbero state davvero contese letterarie; il blog democraticizza, a mio modo, troppo. il luminar lascia tutti convinti di sè...vi saluto col mio nome, in sincerità, senza polemica, grazie dello spazio.A modo mio Anarca,
Giacomo Petrella
Junger è un cammino dentro il quale ci si può perdere e forse ci si è perso anche lui; per questo è, nelle sue conraddizioni una delle più suggestive figure del nostro tempo. Emanuelo sbaglia, il tuo blog è incredibilmente jungeriano.
Remo
mi accontenterei che fosse semplicemente il "mio" blog
Caro Rossi, vorrei chiederti, se non è disturbo, la data esatta del convegno su Jünger alla Sapienza, cui partecipammo con Accame e Freschi.
Molte grazie
Marcello Staglieno
marcello.staglieno@fastwebnet.it
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
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