30 gennaio 2008

mangiapreti ma anche baciapile

Francis Bacon, Studio del ritratto di Papa Innocenzo X di Velasquez, 1953
Se i vescovi italiani parlano di aborto, di legge 194, di diritto alla vita, trattasi di ingerenza vaticana in affari di Stato e per il papa laico di Repubblica siamo di fronte a una "offensiva clericale".
Se il vescovo di Roma dice al Sindaco di Roma che Roma fa schifo, il vescovo laico di Repubblica parla di "palese inconsistenza politica e culturale di papa Ratzinger".
Se al contrario, i vescovi italiani consigliano di non indire elezioni e di trovare un accordo, diventano “pezzi da novanta” che appoggiano il capo del Pd, il loro parere viene messo insieme a quello dei due maggiori leader italiani e il papa laico di Repubblica fischietta alzando gli occhi al cielo.
Insomma, per i campioni del laicismo italico, i vescovi devono intervenire nella politica italiana, ma anche non intervenire.
Il veltronismo dilaga…
Immagine: Francis Bacon, Studio del ritratto di Papa Innocenzo X di Velazquez, 1953

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28 gennaio 2008

arieccoli... son tornati i pacifinti!

pacifintiNe sentivamo la mancanza di quelle colorate bandierine arcobaleno. Grandi ideali, parole d'ordine, mobilitazioni di massa, senso comune di un desiderio di pace e libertà che unisce il mondo come l'arcobaleno unisce la terra al cielo. Dio che bello! E che bella stagione quella in cui i balconi delle nostre città erano piene di colori e le parrocchie cattocomuniste sventolavano l’arcobaleno ai piedi di Gesù Cristo (che in fondo è stato o no il primo comunista della storia?). Dio quanto era bello guidare le masse verso l'orizzonte colorato della storia. E se per caso si diventava ministri o presidenti della Camera bastava ridurre l'arcobaleno a una spilletta sul bavero della giacca, come un vezzo un po' snob, come una provocazione da dementi fatta il giorno della sfilata del 2 Giugno, giusto per far capire che non ci si dimenticava del tutto degli allocchi che ci avevano votati e portati al governo; ma vuoi mettere come continuava a battere il cuore per la Pace, anche se costretti sotto il vestito da cerimonia?
Se c’è un'area politica che ha dato il peggio di sé durante questo vergognoso governo, è proprio la sinistra radicale. E l'ha dato perché la capacità di trasformismo, di imbroglio dialettico, di presa per il culo del proprio elettorato è stata la caricatura di quella doppiezza morale che aveva, nella vecchia tradizione comunista, ben più nobili motivazioni. Uno spettacolo talmente indecoroso da far apparire il buon Mastella un esempio di coerenza ideale quasi risorgimentale; e hanno avuto persino il coraggio di massacrare il povero Turigliatto, l'unico che ha provato a mantenere un po' di dignità. Dalla Menapace a Franca Rame e alle sue estenuanti dimissioni, da Pecoraro Scanio a Russo Spena, una gara patetica per giustificare l’ingiustificabile: quello di essere pacifisti all'opposizione e interventisti al governo. Ministri, sottosegretari e deputati che negli anni passati avevano alimentato la peggiore piazza pacifista del mondo, si sono allineati senza battere ciglio alla politica estera di un paese che ha mantenuto le stesse missioni militari del governo di centrodestra (tranne quelle che il governo di centrodestra aveva già deciso di concludere…) contro le quali loro scendevano in piazza e senza più dilaniare le anime belle nei dibattiti intellettuali per capire se i maledetti jihadisti che uccidono i civili in Iraq, in Afghanistan o in Israele dovessero chiamarsi terroristi o resistenti.
Per questo, l'ultimo loro atto è ancora più vomitevole. Nell'ultimo Consiglio dei Ministri, prima del "rompete le righe" di Prodi, i paleantropi della sinistra arcobaleno
hanno votato contro la proroga di quelle missioni militari per le quali si sono sempre espressi a favore quando c'era da difendere le proprie poltrone. Ricordarsi di essere "pacifisti senza se e senza ma" solo quando non si è più al governo ha qualcosa di scandalosamente raccapricciante. Una sorta di vendetta postuma contro il proprio Paese e gli impegni internazionali presi, che conferma cosa diavolo sia questa sinistra senza cervello e senza dignità…

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22 gennaio 2008

7000 mail

Fernando Botero, La lettera, 1976
La notizia è di quelle che potrebbero cambiare il corso della storia, se solo la storia avesse un corso. Il fatto che la fonte sia Palazzo Chigi non inficia sulla veridicità del dato ma anzi rafforza la certezza che ci troviamo di fronte a un caso sensazionale. Probabilmente gli storici futuri lo studieranno come paradigma del ritorno della politica in una fase di collasso istituzionale e di profonda crisi sociale indotta dal fenomeno della globalizzazione. Appunto; non a caso questa notizia, fondamentale per i destini della Patria e del Governo, è riportata fedelmente da Il Corriere della Sera che, fino a prova contraria, è pur sempre il più importante quotidiano nazionale. Palazzo Chigi sarebbe stato stato "sommerso" da migliaia di mail e centinaia di fax di sostegno a Prodi. Quasi tutte con la stessa frase: «Prodi vai avanti» e «siamo con te»; e questa moltitudine, segno di una maggioranza silenziosa che sta con il premier, mica manda le mail su una casella sola; troppo facile. Le manda su “diversi computer degli uffici del governo”. Qualcuno potrebbe pensare ad un mitomane fancazzista, o a una velina un po' forzata, ma in questo paese dove l’informazione è libera e intelligente, sappiamo di trovarci di fronte a una notizia da prima pagina.
A Palazzo Chigi, in queste ore frenetiche e drammatiche, tra una consultazione e l'altra, mentre sono impegnati ad accumulare scorte di flebo e dentiere per i senatori a vita in vista della lunga notte di fiducia al Senato, hanno persino trovato il tempo di contare tutte queste mail. Un risultato strabiliante: quasi 7000, dicesi settemila. Un dato inaspettato ed incredibile per il premier Prodi e per tutta la compagine di Governo. Il segno che la democrazia è viva, che la gente partecipa, che la politica ha ancora carte da giocare e Prodi pure, che questo governo ce la può fare a continuare la sua opera riformatrice del Paese. Settemila lettere che dicono a Prodi di non mollare, alla faccia di chi ha remato contro, di chi ha tramato per loschi interessi; alla faccia dei traditori, di chi non ha rispettato il patto di legislatura; alla faccia di Mastella e del suo Udeur. Una risposta di popolo contro i tentativi di riportare indietro le lancette della storia. Una cifra inaspettata, che ci riempie di gioia e di speranza. 7000 persone quasi il doppio degli abitanti di Ceppaloni, non so se mi spiego…

Update del 23 Gennaio, ore 20.05: Palazzo Chigi ha aggiornato il conteggio e anche il Corriere della Sera. Le mail sono diventate 25000 (venticinquemila!). Quasi quanti gli abitanti di Scandiano, il paese natale di Romano Prodi. Questo e' amore di popolo...

Immagine: Fernando Botero, La lettera, 1976

18 gennaio 2008

evoluzionismo, creazionismo... e comunismo

clone veltronicoLa foto sopra ritrae uno dei giovani leader dei Collettivi universitari che, con il suo corpo e con la sua intelligenza, ha impedito al Papa di parlare all’Università di Roma. Intervistato da La7 il disobbediente ha detto testuale: "Contestiamo la figura di Ratzinger perché costituisce il pensiero forte di un attacco complessivo ai diritti delle conquiste delle donne e degli uomini". Riportiamo le sue parole per diritto di cronaca non per altro e perché il riconoscimento di un "pensiero forte" da parte di chi è senza pensiero ci fa pensare che forse non tutto è perduto. Ma scemenze dette a parte (che sono nulla rispetto a quelle scritte dai professori di Fisica), questa foto ci interessa per il suo aspetto antropologico. Visto che siamo tutti materialisti, che il Creatore ci fa un baffo e Ratzinger pure, che l'oscurantismo clericale l'abbiamo schiarito con la nostra cagnara, che ora l'Università è libera, il nostro cervello anche (…e forse anche un po' più vuoto) e la scienza è salva, noi rispolveriamo Lombroso ed il suo darwinismo e osserviamo con occhio scientifico, laico e razionale la foto in questione. Memorizzata? Bene. Ora guardate quest’altra foto...
Cosa vedete? La stessa persona 30 anni fa. Come è possibile? Impressionante vero? Un buco nero nello scorrere del tempo, una curvatura spazio temporale che ha inglobato la sinistra italiana. Gurdatela meglio:
Insomma sono uguali! Identici come due gocce d'acqua. Se dovessimo fare una "esegesi fotografica" cosa vedremmo? Indizi simili di una medesima stortura. Probabilmente se sentissimo parlare il giovane della foto in bianco e nero (che per chi non l'avesse riconosciuto è l'attuale leader del Pd quando era un “maistatocomunista”) gli sentiremmo dire le stesse cazzate. Il giovane dirigente comunista di ieri ha la stessa faccia del giovane leader comunista di oggi.

"Tutto va, tutto torna indietro" dissero l’aquila e il serpente a Zarathustra. Dio mio. Questa è la prova fotografica che Nietzsche aveva ragione e l'eterno ritorno è realtà. Ma ancora di più è la prova che la teoria evoluzionista è una grande minchiata. Forse funziona per le scimmie ma non per i comunisti. Al contrario il principio creazionista, tanto caro a Ratzinger, ha un fondamento di verità: i comunisti sono creati a immagine e somiglianza di se stessi e così rimangono in secula seculorum.
Il rischio è che il giovane Veltroni del secolo XX ed il suo giovane clone del secolo XXI, siano accomunati anche dal medesimo destino. E’ un rischio che non possiamo permetterci di correre. L’Anarca può sopportare che uno che per 20 anni è stato un dirigente del PCI, oggi dica di non essere mai stato comunista; ma come la mettiamo se il giovane disobbediente che oggi non ha fatto parlare il Papa all’università, fra 20 anni mi viene a dire che lui non è mai stato anti-clericale? A tutto c'è un limite…

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15 gennaio 2008

il Papa, la spazzatura universitaria... e il laico Prezzolini

Franz Borghese, Partita a dadi, 1984
Quindi il Papa non parlerà all’Università La Sapienza. In una nota consegnata ai giornalisti alle ore 17.11, la Sala Stampa Vaticana ha comunicato la decisione di Benedetto XVI di “soprassedere all'evento” dell'inaugurazione del nuovo anno accademico. Le agenzie hanno scritto che la notizia è stata accolta con "urla di giubilo e grida indiane” dagli studenti dei collettivi riuniti in una democratica assemblea, cosa che per un'Università da terzo mondo qual'è quella italiana è perfettamente coerente. Giancarlo Rocco, direttore del Dipartimento di Fisica e uno dei firmatari dell'appello contro il Papa, ha ribadito che "insegnare ai giovani è una grande responsabilità che richiede di prescindere in ogni momento dalle proprie convinzioni religiose e ideologiche". Appunto. E infatti ci si domanda cosa cazzo ci stiano a fare all'Università quei docenti che inviano lettere, articoli e raccolte di firme a Il Manifesto, confermando lo stato di una cultura universitaria assoggettata ai dettami delle proprie convinzioni ideologiche.
Potremmo riflettere che la vera emergenza spazzatura in questo paese non sta solo nelle strade di Napoli, nei liquami fetidi del sottosuolo di Pianura. Una quantità inverosimile di mondezza straborda anche dalle Università pubbliche italiane. E non è fatta dai cumuli di rifiuti urbani, né dai cumuli di idioti figli di papà che da 30 anni giocano alla rivoluzione, rifiuti anche essi di una cultura putrefatta. La vera spazzatura che giace nelle Università italiane è fatta da quella indecente e puzzolente casta di professori universitari e baroni sotto costo (tolte le ovvie eccezioni) che inquinano con il loro dogmatismo ideologico e con il loro sistema di potere clientelare l’insegnamento e la possibilità di rendere l’Università italiana veramente funzionale alla crescita culturale e sociale del paese. Perché la colpa dello stato delle Università pubblica italiane è della classe politica certo, ma soprattutto della peggiore classe intellettuale e docente d’Europa che da almeno 30 anni ha ridotto i luoghi della formazione e dell’educazione in discariche culturali a cielo aperto.
Ma l’ostilità ideologica contro Benedetto XVI rappresenta qualcosa di peggio di un’operazione di stupida retroguardia ideologica. Rappresenta la resa incondizionata del pensiero laico di fronte alla forza dirompente e moderna del pensiero cristiano, sopratutto di quello di Joseph Ratzinger e della sua Chiesa vitale e agguerrita di fronte alle sfide del tempo. Evidenzia il terrore e la paura di un confronto dal quale sa di uscire sconfitto. E non è un caso che questa sconfitta sia caduta nello stesso anno in cui ci si appresta a celebrare i 40 anni del '68, quel movimento che segna l'inizio della fine di un pensiero laico e la sua riduzione a ideologia postmoderna.

Proprio negli anni della contestazione, Giuseppe Prezzolini, una delle più straordinarie intelligenze italiane del '900, scriveva un libro dal titolo emblematico: Dio è un rischio. Pubblicato da Longanesi un anno dopo il '68, questo libro raccoglieva le confessioni di un uomo alla fine del suo percorso terreno, che per tutta la vita aveva cercato Dio senza mai trovarlo: "ecco che m’avvedo che arrivato a ottantasei anni e mezzo non son più avanti di quando ne avevo diciannove". Nella rassegnazione di un vuoto inevitabile: "Dio non mi risponde; e farò senza Dio. Eccomi dunque qui solo, disperato, senza verità…”. Eppure l’ateo Prezzolini, lo scettico, il miscredente, viaggiava sul confine di una laicità che non era la rimozione del fatto religioso, ma la ricerca viva di un rapporto vero tra fede e ragione. Comprendeva che la Scienza e la Religione dovevano integrarsi e non confliggere. Perché "se Dio è un rischio anche la Scienza è un rischio". Per questo, come un azzardo o una partita a dadi, anche chi non crede dovrebbe "accettare il gioco di Dio".
Il libro di Prezzolini, incredibile come la Fede, e forse per questo vero, si conclude con un epitaffio che è un manifesto di laicità che forse i netturbini dello scientismo italico che albergano nelle università italiane dovrebbero rileggere per capire cosa è veramente un pensiero libero. : “Questo libro fu scritto da me Giuseppe Prezzolini, in età di anni ottantasei e mesi sette (…). E’ un libro senza Dio, che trova il posto a Dio, per chiunque abbia un Dio che debba trovar posto”.

Immagine: Franz Borghese, Partita a dadi, 1984

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