18 aprile 2011

Asor Rosa e le utopie

Non ci provate, a liquidare la questione come un caso di demenza senile. Troppo facile, ora, farlo passare per il nonnetto rincoglionito della famiglia; quello seduto in poltrona con il plaid sulle ginocchia e il cornetto all’orecchio. Quello che quando gli chiedete: “Nonno, hai preso la pasticca?” lui risponde ad alta voce: “Garibaldi era una bella persona!”. Ecco, non ci provate a farci credere che il professor Asor Rosa, nume tutelare del comunismo italiano, sia uno così. Ma state scherzando? Solo perché ha detto che ci vuole uno “stato di emergenza” che, attraverso carabinieri e polizia, “sospenda tutte le immunità parlamentari, restituisca alla magistratura le sue capacità e possibilità di azione, stabilisca d’autorità nuove regole elettorali”, voi lo volete rinchiudere a Villa Arzilla? Non ci provate, perché il prof. Asor Rosa è lo stesso che qualche tempo fa, davanti a tutto il gotha dei vostri più giovani intellettuali (da Ettore Scola a Franco Ferrarotti, da Giorgio Valentini a Walter Veltroni), celebrava l’ultima fatica filosofica di Eugenio Scalfari, che ha dieci anni più di Asor Rosa e parla di sé per parlare di Dio.
Anche perché basta leggere l’intervista che Asor Rosa ha rilasciato sul Manifesto dopo le sue dichiarazioni golpiste, per spiegare meglio quello che Ezio Mauro ha definito “da un punto di vista democratico, tecnicamente un’imbecillità” (ma solo tecnicamente). Un’intervista esilarante in cui ha citato De Gaulle (si, proprio De Gaulle!), passando dal golpismo al gollismo con la facilità con cui Fini è passato dai berretti verdi di John Wayne ai cappellini viola di Di Pietro. Ha detto che questa crisi della democrazia è accaduta perché i partiti comunisti italiani non sono più in Parlamento (sorvolando sul fatto che in Parlamento non ci sono perché la gente non li ha votati). Eppoi ha svelato che il suo era un paradosso, per porre il problema vero: “come si fa ad impedire che la democrazia distrugga se stessa con la forza della maggioranza?” Tecnicamente parlando, per dirla con Ezio Mauro, è semplice: cambiando maggioranza.
Io che non sono un intellettuale, né parlo di me per insegnare a Dio, provo a leggere Asor Rosa dal mio punto di vista, da quello della mia storia personale. E allora mi viene da ricordare che quelli come me la democrazia l’hanno imparata dai bastoni democratici degli antifascisti di papà; quelli che, all’università di Roma, prima andavano a lezione da Asor Rosa e poi venivano ad insegnarci come funzionava la democrazia nata dalla Resistenza nascosti sotto caschi e passamontagna (come è accaduto ancora qualche giorno fa); e alla fine, ci davano pure dei golpisti (cosa che oggi suona molto ironica). E ricordo che noi, giovani studenti di destra, con santa pazienza, molte idee e tanta ironia, avevamo già capito che la democrazia di Asor Rosa e dei suoi nipotini, il loro antifascismo imbalsamato, erano cose troppo seriose per prenderle sul serio.
Oggi che io sono solo un po’ più maturo e Asor Rosa è solo molto, molto più vecchio, mi sorge un sentimento di pietas che allargo a tutti questi grandi vecchi che alimentano l’odio in questo paese: Scalfari, Eco, Dario Fo, Flores D’Arcais, Barbara Spinelli, Furio Colombo e tutti gli altri che sbrodolano giudizi e verità dentro la cloaca mediatica che in-forma questo paese. Forse sono più da compiangere che altro, perché dev’essere veramente brutto invecchiare così male. Nel loro tramonto irrisolto, nel fallimento delle loro utopie dolorose, i grandi profeti di questa sinistra rimangono patetici e consumati testimoni della loro illusione esaurita. Non vanno presi tanto sul serio. Ci pensano da soli a farlo.
© Il Tempo, 18 Aprile 2011
Immagine: Renato Guttuso, I funerali di Togliatti, 1972

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