Il "partire da sé" dimenticato dalle donne
di Giampaolo Rossi
Il Tempo non è Repubblica; ed io non sono Barbara Spinelli. Non vivo a Parigi, non frequento la gauche inorridita da questa Italia berlusconizzata e non appartengo a quel giornalismo raffinato e colto che vomita da 15 anni odio nascondendosi dietro il disagio morale di vedere il proprio Paese ridotto così da questa destra indegna. Non mi chiamo nemmeno Zagrebelsky, come il Presidente onorario di Libertà e Giustizia, il grande giurista che arringa l’elite contro le “notti di Arcore in versione postribolare”. Mi chiamo banalmente Rossi, il più comune dei cognomi italiani, quello che meglio può rappresentare il tipico lobotomizzato dal Cavaliere e dalle sue televisioni. E, a guardarmi bene, non ho nemmeno le occhiaie di Michele Serra, che fanno tanto “pensatore sofferente” e che consentono ad un rachitismo intellettuale di affermare che c’è “un potere che nomina le sue favorite nel Palazzo, usando le cariche pubbliche come moneta per ripagare prestazioni private” e che questa “giustapposizione tra stanze del piacere e stanze del potere” è un problema politico, mica morale; ovviamente senza fare alcun nome, com’è nello stile di questo intellettualismo inquisitorio.
Io che non sono la Spinelli, Zagrebelsky o Serra, e per di più sono di destra, ho avuto la fortuna di incontrare la cultura del femminismo e quel “pensiero della differenza” che ha orientato per circa 30 anni il senso del cambiamento della donna nella società occidentale. E questo pensiero, al di là degli stereotipi, è riuscito a porre la questione del femminile all’interno di un essenziale: il “partire da sé”. Questa è la vera conquista delle donne, pur nell’inevitabile compromesso con la complessità del moderno. Le donne lo hanno fatto offrendo a noi uomini, incastrati nella storia, imprigionati nella morale, dominati dall’ossessione bellicosa del “ruolo sociale”, un punto di vista che avrebbe potuto aiutarci anche a dare senso all’unico linguaggio maschile rimasto in vita, quello del potere. Non è un caso che, in questi giorni di trionfanti mobilitazioni, sia stato proprio il femminismo storico (da Luisa Muraro a Ida Dominjanni), a manifestare un forte mal di pancia sull’uso strumentale della donna da parte di donne, per combattere un uomo. Perché quel “io sono indignata” sbandierato in piazza è stato solo il complice dei desiderata delle Spinelli, degli Zagrebelsky e dei Serra piuttosto che la narrazione comune di un desiderio di recupero del proprio corpo dentro il corpo sociale. Perché il “partire da sé” può essere negato in tanti modi. E forse la sinistra politica lo ha negato in questi ultimi anni più della destra.
Facciamo un esempio: il Partito Democratico, in questa legislatura si è caratterizzato come il partito delle vedove e delle orfane (ovviamente di padre). La signora Calipari, la signora D’Antona, la signora Coscioni, la signora Fortugno, la signora Rossa. Per non parlare di quelle delle precedenti legislature come Haidi Giuliani, fatta entrare in Senato solo in qualità di madre di Carlo Giuliani (in quel caso nelle file di Rifondazione). La giovane Marianna Madia, candidata capolista nel Lazio da Veltroni, in un’intervista al Corriere della Sera dichiarò che l’allora leader del Pd l’aveva conosciuta al funerale del papà, amico di Veltroni e consigliere comunale a Roma; e che era rimasto colpito dal discorso che lei aveva pronunciato e di cui lei non si ricordava neanche. E’ politica selezionare la propria classe dirigente femminile ai funerali? Forse sì, esattamente come lo è selezionarla al Billionaire. Ma non è questo il punto.
Per le donne, il discrimine dovrebbe essere un altro: tra quelle che il proprio ruolo lo cercano e lo trovano da sole “partendo da sé”, e quelle che invece lo trovano dentro il cono d’ombra di un uomo (vivo o morto che sia, padre, marito, amante, figlio). Tra quelle che si usano misurando se stesse e quelle che decidono di usare ciò che un uomo può mettere a loro disposizione (che sia il suo sesso, il suo denaro, il suo nome o il suo potere, poco importa). Tra quelle che “partono da sé” e quelle che “partono da lui”, e a lui rimangono. Il resto è intellettualismo fumato, piccolo moralismo da fine pensiero oppure, peggio ancora, solo un impreciso calcolo politico, che saranno ovviamente le donne a pagare.
Io che non sono la Spinelli, Zagrebelsky o Serra, e per di più sono di destra, ho avuto la fortuna di incontrare la cultura del femminismo e quel “pensiero della differenza” che ha orientato per circa 30 anni il senso del cambiamento della donna nella società occidentale. E questo pensiero, al di là degli stereotipi, è riuscito a porre la questione del femminile all’interno di un essenziale: il “partire da sé”. Questa è la vera conquista delle donne, pur nell’inevitabile compromesso con la complessità del moderno. Le donne lo hanno fatto offrendo a noi uomini, incastrati nella storia, imprigionati nella morale, dominati dall’ossessione bellicosa del “ruolo sociale”, un punto di vista che avrebbe potuto aiutarci anche a dare senso all’unico linguaggio maschile rimasto in vita, quello del potere. Non è un caso che, in questi giorni di trionfanti mobilitazioni, sia stato proprio il femminismo storico (da Luisa Muraro a Ida Dominjanni), a manifestare un forte mal di pancia sull’uso strumentale della donna da parte di donne, per combattere un uomo. Perché quel “io sono indignata” sbandierato in piazza è stato solo il complice dei desiderata delle Spinelli, degli Zagrebelsky e dei Serra piuttosto che la narrazione comune di un desiderio di recupero del proprio corpo dentro il corpo sociale. Perché il “partire da sé” può essere negato in tanti modi. E forse la sinistra politica lo ha negato in questi ultimi anni più della destra.
Facciamo un esempio: il Partito Democratico, in questa legislatura si è caratterizzato come il partito delle vedove e delle orfane (ovviamente di padre). La signora Calipari, la signora D’Antona, la signora Coscioni, la signora Fortugno, la signora Rossa. Per non parlare di quelle delle precedenti legislature come Haidi Giuliani, fatta entrare in Senato solo in qualità di madre di Carlo Giuliani (in quel caso nelle file di Rifondazione). La giovane Marianna Madia, candidata capolista nel Lazio da Veltroni, in un’intervista al Corriere della Sera dichiarò che l’allora leader del Pd l’aveva conosciuta al funerale del papà, amico di Veltroni e consigliere comunale a Roma; e che era rimasto colpito dal discorso che lei aveva pronunciato e di cui lei non si ricordava neanche. E’ politica selezionare la propria classe dirigente femminile ai funerali? Forse sì, esattamente come lo è selezionarla al Billionaire. Ma non è questo il punto.
Per le donne, il discrimine dovrebbe essere un altro: tra quelle che il proprio ruolo lo cercano e lo trovano da sole “partendo da sé”, e quelle che invece lo trovano dentro il cono d’ombra di un uomo (vivo o morto che sia, padre, marito, amante, figlio). Tra quelle che si usano misurando se stesse e quelle che decidono di usare ciò che un uomo può mettere a loro disposizione (che sia il suo sesso, il suo denaro, il suo nome o il suo potere, poco importa). Tra quelle che “partono da sé” e quelle che “partono da lui”, e a lui rimangono. Il resto è intellettualismo fumato, piccolo moralismo da fine pensiero oppure, peggio ancora, solo un impreciso calcolo politico, che saranno ovviamente le donne a pagare.
© Il Tempo, 15 Febbraio 2011
10 Comments:
L'UNICA COSA CHE MI DISPIACE? che non sia stata una donna a scriverle ste' parole. Forse perchè ancora siamo in tante (troppe) a non partire da sè. A volte senza rendercene conto.
Ancora una bellissima disamina di Giampaolo Rossi, spiega con puntiglio le parti di chi sta a destra e chi sta a sinistra, un po come a scuola quando l'insegnante si assentava lasciava l'alunno di turno sulla cattedra e scriveva su un foglio o sulla lavagna i buoni o i cattivi divisi da una linea. Solo che al contrario dei moralisti sinistroidi, pur avendo quella naturale crudeltà del non saper dosare i giudizi i bambini mai usavano l'arma della menzogna, della bugia, del trovare per forza un modo di mettere una persona dalla parte dei cattivi, se ci finivi lo meritavi. Qui no, loro usano qualsiasi mezzo, ad iniziare dalla tv pubblica gestita come la propaganda di regime, usano anche la dignità delle donne, che pur di cacciare il mostro cattivo (a loro dire) hanno buttato 50 anni di conquiste morali. Si dice che in guerra e amore non si escludono colpi, in questo caso non c'è guerra, non c'è amore, c'è solo una spropositata paranoia verso un cittadino Italiano di destra, che ha avuto la sfrontatezza di andare contro una sinistra fatta da persone che di sinistra hanno ben poco.
Invece io trovo molto bello che a scrivere queste cose sia stato un uomo. Un uomo che ha capito bene cosa sono le donne. Quelle vere, però, e non quelle che strumentalizzano la loro presunta dignità per diventare strumenti di uomini contro un uomo.
E meno male che a destra non capiscono cosa siano le donne ;)
Anonima 2
Come sempre, bravo Anarca! Hai interpretato benissimo il sentire delle donne che non hanno voglia di chiedere, che sanno decidere per conto proprio e che sono anche stufe delle manipolazioni che non vengono dalle tivvù, ma dalle Spinelli e dalle ben piu' prosaiche Concite.
Silenzio, please, siamo persone.
Ti abbraccio, dall'Italia,
Lontana.
Condivido in pieno quanto scritto dall'Anarca. Mi duole constatare che ancora una volta le donne si sono fatte "usare" da qualcuno in malafede. Essendo donna me ne vergogno molto. Soprattutto perchè so di donne Italiane che all'estero per vacanza sono riuscite ad andare a manifestare contro il proprio paese.
Che mancanza di dignità!!!
Morrigan
Una riflessione che mi rincuora, avevo affrettatamente creduto che ci fossero davvero incarichi istituzionali affidati in cambio di favori sessuali (Minetti e Carfagna? Erano questi i nomi omessi da Serra?), o la mercificazione di minorenni da parte di Berlusconi (l'altro nome che aveva omesso Serra). Ora c'è uno squarcio di sereno, è chiaro che si è trattato dell'ennesimo complotto dei giudici comunisti. Che differenza c'è tra selezionare la classe politica a un funerale o a un bordello? Forse il criterio della scelta...
Grazie Francesco
Lontana, bentrovata. Che vuol dire "un abbraccio dall'Italia?" Non sei più Lontana?
Morrigan, si vede che si annoiavano in vacanza.
Anonimo ultimo. Sono contento che tu sia rincuorato. Si, secondo me ti sei troppo affrettato a credere. Come spesso succede alle persone con tanto bisogno di verità da acquisire. Serra non ha omesso nomi. Semplicemente non li ha fatti perché non ci sono elementi per farli.
Sui complotti dei giudici comunisti... beh, magari non saranno comunisti...
Non so se nel mio caso si tratti di bisogno spasmodico di acquisire alcune verità o di difficoltà legittima a digerirne altre:
1) che la Carfagna avesse i requisiti a fare il ministro,
2)che la Minetti fosse così brava a fare l'igienista "madre-lingue" da rivestire la carica di consigliere regionale,
3) o che la telefonata di Berlusconi in questura fosse un fulgido esempio di pura generosità.
Hai ragione, Anarca, meglio tenere vivi dei dubbi, lasciare in sospeso i giudizi sull'ex presidente della Bacigalupo, ieri cofondatore di FI, oggi senatore, nel frattempo condannato in secondo grado per mafia. Lasciami però una certezza: che Bondi è l'unico, vero, sommo poeta.
Ultima nota sui giudici: comunisti o no, cosa dovrebbero fare per non essere accusati di complotto? Smettere di indagare? Non dovrebbe essere interesse di tutti sapere se chi ci rappresenta commette reati? A parte le facili ironie, ma a cosa giovano le assoluzioni a priori? Sarò ingenuo, ma preferisco le indagini..
Cordialmente,
Anonimo Ultimo.
PS: mi pento un po' di aver mescolato un intervento così prosaico con i riferimenti alle liriche di Bondi. Cerco di rimediare ammettendo che anche le sillogi vendoliane rientrano nella mia lista dei lassativi...
Caro Anonimo,
innanzi tutto potresti anche firmarti; va bene che siamo nella Repubblica Origliante dei tuoi amici magistrati, ma non devi temere su questo blog. Nessuno pubblicherà su Repubblica quello che scrivi. Non so se la Carfagna avesse i requisiti per fare il ministro (eppoi quali sarebbero?). Però lo sta facendo e bene. Molto meglio di come lo ha fatto la Bindi (con gli sfracelli alla sanità) o la Melandri (che da Ministro della Gioventù ha dato un grande contributo tanto che nessuno se ne è accorto) che invece dicono in giro che i requisiti ce li avessero. Forse dovremmo tutti riflettere sul problema vero di come è selezionata la classe dirigente in Italia. E non solo in politica. Basterebbe fare un giro in un Procura, in una redazione di giornale o in una facoltà universitaria. Sul resto, che dire: il problema di questo paese che non conosce più lo Stato di diritto, non sono le assoluzioni a priori, ma le condanne a priori. E da 15 anni. Differenza che certo non sfugge un attento osservatore come te. Cerca di vivere meno affogato di luoghi comuni, si diventa più intelligenti.
Un caro saluto
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