più di una vittoria

E’ bello tornare nel proprio blog dopo tante settimane di campagna elettorale. Aprire la porta, accendere la luce e trovare tutto come prima. I post di due mesi, la faccia di Paolo sempre lì sognante. Certo, il blog dell’Anarca non è accogliente come il loft di Veltroni, ma in questi tempi di traslochi politici è meglio accontentarsi di un monolocale a Tocqueville che di 1000 metri nel cuore della Roma ex-veltroniana.
L’ultimo post è stato scritto il 26 marzo scorso; un mese fa e un’Italia fa. Prodi c’era e non c’era, Sircana non c’era mai stato o ce l’eravamo solo sognato, Veltroni era nel bel mezzo di una “rimonta spettacolare”, Gianni Letta si rivolgeva a Rutelli con un “ciao Sindaco!”, le piazze del PD si gonfiavano dell’orgoglio della nuova sinistra, i muri erano pieni di manifesti comunisti con slogan simpatici tipo: “fai una cosa di sinistra. Votala”, appunto, e Sabrina Ferilli saliva sul palco con Rutelli e ci spiegava che lei si sentiva come Schopenhauer perché Alemanno parlava come la Ferilli.
Ora è tutto cambiato.
Sircana è in Brasile con Ronaldo… forse. Veltroni è in Africa… quasi. Rutelli è in Thailandia… a casa di Bettini. Le piazze del Pd si sono svuotate per riempire quelle di Grillo. La sinistra comunista… boh, non pervenuta. E la Ferilli è tornata a sentirsi come la Ferilli.
Intanto a Palazzo Chigi è tornato il genio dannunziano e sul Campidoglio sventola il tricolore e non più quello straccio arcobaleno che per anni ha messo a posto le coscienze buoniste e radical chic della Roma veltroniana. Sansonetti su Liberazione non si da’ pace di avere un sindaco con la croce celtica al collo (e perché nessuno gli ha detto che anche l’Anarca ce l’ha da sempre… senno’ sai che casino). I romani invece la pace l’hanno trovata spernacchiando l’antifascismo ideologico che spiega ancora una volta perché in politica Darwin ha ragione e i comunisti italiani, come i brontosauri, si sono estinti non per colpa di un meteorite ma perché avevano il cervello troppo piccolo.
Un sogno l’avevamo, noi che la politica l’abbiamo fatta, mangiata e respirata per le strade di Roma: vincere in questa città. Ci siamo riusciti e le lacrime di gioia e gli abbracci e i cortei spontanei che ieri hanno attraversato Roma raccontano una storia che solo la destra romana può capire. Una vittoria da dedicare a Paolo Di Nella, a Tony Augello, A Paolo Colli, a Mak, a tutti i fratelli che non ci sono più, perduti tra anni di piombo e destini infelici … e a noi che ci siamo anche grazie a loro.
La vittoria di Roma è la vittoria di Gianni Alemanno ma anche di quegli ex-ragazzi oggi 50enni, come Fabio Rampelli, Andrea Augello, Umberto Croppi, che a cavallo degli anni '80 e '90 inventarono uno dei laboratori culturali e politici più importanti che la destra italiana abbia mai avuto: quello del Fronte della Gioventù romano, di quel miracolo di radicamento e progettualità politica che Goffredo Bettini studiò a fondo prima di inventarsi il veltronismo, cercando di capire l’anomalia di una nuova destra che sapeva armonizzare identità comunitaria, radicamento e modernità politica e sociale.
Ora, dopo Roma, il centro-destra non ha più alibi. O cambia l’Italia o muore. O il Cavaliere avvia la stagione del ricambio generazionale della classe dirigente (non solo politica) mettendo in soffitta il vecchio ciarpame e dando spazio a quella generazione di 40-50enni che è stata il motore trainante di questa straordinaria e storica vittoria, oppure il progetto di una grande forza liberale, conservatrice e identitaria, diventa l'ennesima occasione perduta per un Paese che non ha bisogno di un sogno, ma di una rinascita vera.
Dall’altra parte la sinistra ha avviato la solita "approfondita fase di riflessione". Pare che ancora ci riesca sdraiata sul lettino dello psicanalista. Rutelli ha detto che lo hanno “mandato a sbattere in una città devastata, ridotta allo stremo”. Brutto risveglio! Qualcuno giura di aver sentito Veltroni dire di non essere mai stato Sindaco di Roma… così come non è mai stato comunista. Il "Modello Roma" con cui ci hanno scassato i cosiddetti per 5 anni, non è mai esistito, come il famoso "Rinascimento napoletano" di Bassolino. L’intellettualismo militante e salottiero che in questi anni ci ha raccontato una città che non esisteva dimostra una cosa sola: che, fatte le debite distinzioni, gli intellettuali italiani non capiscono un cazzo. E che nessuno più di loro è lontano dal cuore di questo paese, dai bisogni, dalle esigenze e dalle aspirazioni della gente comune. Il canto del cigno di una classe intellettuale che continua dominare nelle università, nelle redazioni di giornali, nei premi letterari, nelle feste del cinema d’autore, nei luoghi insomma dove dovrebbe costruire immaginario simbolico e identità collettive, ma che rimane la più insignificante del mondo.
La sconfitta di questa sinistra dimostra anche un’altra cosa: che la sua classe dirigente politica è la più sopravvalutata d’Europa.
Ora la resa dei conti è vicina. La foto sopra descrive come in negativo, il vero problema del Pd. In teoria la sconfitta di Roma potrebbe rappresentare la fine di quel sistema di potere che è tuttora alla base del modello veltroniano del Pd che a Roma è nato e lì ha preteso di organizzare struttura e strategia. Si aprono scenari nuovi che potrebbero rispostare l’asse del potere della sinistra italiana verso il più tradizionale e fedele sistema clientelare emiliano delle cooperative e della finanza di partito; magari aprendo la strada a personaggi più nordisti come Bersani (che non a caso D’Alema non volle che si candidasse per le primarie contro Veltorni per non bruciarsi). Un terremoto potenzialmente devastante. Però c’è un però. Il solito però che rende la politica così straordinariamente imprevedibile. Dopo la riunione dell’ufficio politico del PD, Veltroni ha detto che nessuno mette in discussione la sua leadership. Questo ci rassicura di continuare a vincere ancora per un bel po’….