Fli e sinistra gemelli diversi
di Giampaolo Rossi
Cos’è che lega gli intellettualoni della sinistra storica italiana agli intellettualini fini di Fare Futuro? Cos’è che lega il prof Asor Rosa, uno dei numi tutelari della cultura militante di sinistra, a Filippo Rossi, uno dei polemisti ad alzo zero del Presidente della Camera? Certo non il semplice e scontato antiberlusconismo generato dalla convinzione che la politica sia un’eterna lotta del bene contro il male e della cultura contro l’ignoranza (dove il male e l’ignoranza sono ovviamente rappresentati dal Cavaliere); né la certezza deterministica d’essere comunque dalla parte del giusto. No, è qualcosa di più sottile e inquietante.
La rottura di Fini e la crisi seguita hanno fatto scorgere all’orizzonte chi può far cadere nella polvere la statua del crudele dittatore di Arcore; da qui un richiamo continuo, da parte degli osservatori, a date e paragoni storici relativi al ventennio fascista da far rabbrividire un raduno di nostalgici marciatori. Che Repubblica veda, nel nuovo corso finiano, il 25 Aprile che appenderà a testa in giù Berlusconi, che Gad Lerner paragoni il Presidente della Camera a Dino Grandi, che si citi “l’8 settembre del centrodestra” o che Concita De Gregorio speri in un nuovo CLN che da Fini a Di Pietro, passando per Vendola, rigeneri l’Italia dalla dittatura subìta, tutto questo rende la storia di questo paese e il suo presente una cosa molto più ridicola di quanto si possa credere. Anche perché immaginare Italo Bocchino al posto di Ferruccio Parri, o Mirko Tremaglia e Roberto Menia nei panni dei nuovi partigiani sfilanti tra ali di folle in giubilo, ha qualcosa di amaramente comico.
Il problema è che questi riferimenti racchiudono molto di ciò che rappresentano oggi sia la sinistra italiana che la sua dependance finiana. Il tono, l’analisi e l’entusiasmo con cui l’elite della sinistra-che-conta interpreta la rottura di Fini e la nascita di questa destra molto sinistra devono far riflettere. La fine della sinistra ed il crollo dell’imbroglio intellettuale catto-comunista che ha alimentato per decenni il sistema di potere italiano, hanno portato con sé una frustrazione difficilmente risolvibile con lo scadente materiale umano rappresentato dalla classe dirigente del Pd e dai suoi cantori salottieri. Ed è facile che tale frustrazione, se non risolta o rimossa in qualche modo, abbia alla lunga generato una schizofrenia tale da portare a vedere nel movimento di Fini, una Brigata Garibaldi salita in montagna per combattere il nazi-fascismo di Arcore. Questa sinistra intellettualistica, profondamente apolitica, rozza nella sua pretesa eleganza rimane incapace di rapportarsi alle logiche di una moderna democrazia dell’alternanza. Quando il prof. Asor Rosa afferma che bisogna “sradicare il berlusconismo nel paese”, e quando Filippo Rossi brinda alla fine del berlusconismo come “stagione di ignoranza al potere, bunga bunga istituzionalizzato, populismo fatto sistema, tempo della vergogna”, prende forma quella comunanza elettiva che ormai lega l’intellettualismo di sinistra a quello finiano. E questa comunanza è data da due elementi: il primo è la convinzione che Berlusconi e il berlusconismo siano una sorta di corpo estraneo alla storia del nostro paese, un morbo instillato dalla forza corruttiva del personaggio, dalle sue televisioni e dal suo sistema di potere; un accidente storico da cui liberarsi e da cui liberare la massa incolta e sprovveduta che lo ha legittimato negli anni. Il secondo è dato da ciò che in filosofia si chiama resentimment, o senso di frustrazione, e che Nietzsche aveva intravisto come base del cambiamento della distinzione morale del nostro tempo. Una frustrazione che si trasferisce dalla filosofia alla psicologia sociale per divenire categoria politica. Senza sogni da inseguire, senza carica ideale da trasmettere, senza idee, l’antiberlusconismo di destra e di sinistra si riduce a quella “demenza tirannica” che Zarathustra ha cantato come “presunzione intristita e invidia rattenuta”.
Se i finiani saranno “gli utili idioti” del nuovo risiko di riequilibrio del solito potere, lo capiremo presto. Per ora sappiamo che, in termini di cultura politica, lungi dall’essere l’unica vera, autentica destra del sistema solare, il movimento di Fini non è semplicemente subordinato alla sinistra. Ne è drammaticamente uguale.
La rottura di Fini e la crisi seguita hanno fatto scorgere all’orizzonte chi può far cadere nella polvere la statua del crudele dittatore di Arcore; da qui un richiamo continuo, da parte degli osservatori, a date e paragoni storici relativi al ventennio fascista da far rabbrividire un raduno di nostalgici marciatori. Che Repubblica veda, nel nuovo corso finiano, il 25 Aprile che appenderà a testa in giù Berlusconi, che Gad Lerner paragoni il Presidente della Camera a Dino Grandi, che si citi “l’8 settembre del centrodestra” o che Concita De Gregorio speri in un nuovo CLN che da Fini a Di Pietro, passando per Vendola, rigeneri l’Italia dalla dittatura subìta, tutto questo rende la storia di questo paese e il suo presente una cosa molto più ridicola di quanto si possa credere. Anche perché immaginare Italo Bocchino al posto di Ferruccio Parri, o Mirko Tremaglia e Roberto Menia nei panni dei nuovi partigiani sfilanti tra ali di folle in giubilo, ha qualcosa di amaramente comico.
Il problema è che questi riferimenti racchiudono molto di ciò che rappresentano oggi sia la sinistra italiana che la sua dependance finiana. Il tono, l’analisi e l’entusiasmo con cui l’elite della sinistra-che-conta interpreta la rottura di Fini e la nascita di questa destra molto sinistra devono far riflettere. La fine della sinistra ed il crollo dell’imbroglio intellettuale catto-comunista che ha alimentato per decenni il sistema di potere italiano, hanno portato con sé una frustrazione difficilmente risolvibile con lo scadente materiale umano rappresentato dalla classe dirigente del Pd e dai suoi cantori salottieri. Ed è facile che tale frustrazione, se non risolta o rimossa in qualche modo, abbia alla lunga generato una schizofrenia tale da portare a vedere nel movimento di Fini, una Brigata Garibaldi salita in montagna per combattere il nazi-fascismo di Arcore. Questa sinistra intellettualistica, profondamente apolitica, rozza nella sua pretesa eleganza rimane incapace di rapportarsi alle logiche di una moderna democrazia dell’alternanza. Quando il prof. Asor Rosa afferma che bisogna “sradicare il berlusconismo nel paese”, e quando Filippo Rossi brinda alla fine del berlusconismo come “stagione di ignoranza al potere, bunga bunga istituzionalizzato, populismo fatto sistema, tempo della vergogna”, prende forma quella comunanza elettiva che ormai lega l’intellettualismo di sinistra a quello finiano. E questa comunanza è data da due elementi: il primo è la convinzione che Berlusconi e il berlusconismo siano una sorta di corpo estraneo alla storia del nostro paese, un morbo instillato dalla forza corruttiva del personaggio, dalle sue televisioni e dal suo sistema di potere; un accidente storico da cui liberarsi e da cui liberare la massa incolta e sprovveduta che lo ha legittimato negli anni. Il secondo è dato da ciò che in filosofia si chiama resentimment, o senso di frustrazione, e che Nietzsche aveva intravisto come base del cambiamento della distinzione morale del nostro tempo. Una frustrazione che si trasferisce dalla filosofia alla psicologia sociale per divenire categoria politica. Senza sogni da inseguire, senza carica ideale da trasmettere, senza idee, l’antiberlusconismo di destra e di sinistra si riduce a quella “demenza tirannica” che Zarathustra ha cantato come “presunzione intristita e invidia rattenuta”.
Se i finiani saranno “gli utili idioti” del nuovo risiko di riequilibrio del solito potere, lo capiremo presto. Per ora sappiamo che, in termini di cultura politica, lungi dall’essere l’unica vera, autentica destra del sistema solare, il movimento di Fini non è semplicemente subordinato alla sinistra. Ne è drammaticamente uguale.
© Il Tempo, 15 Novembre 2010
Immagine: Pablo Picasso, Acrobata e giovane Arlecchino, 1905
7 Comments:
Amen!!
Tutto tragicamente vero, caro Anarca!
Bella nota. Ma il colpo di genio è l'illustrazione.
le immagini sono come lo specchio di Negromontanus, caro Yanez. Nel loro intimo c'è la magia che transfigura ogni realtà ;)
Sì, ma prima di bruciarle possiamo forse aspettare ancora un poco...
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